Nel nuovo libro dello scrittore milanese Giovanni Nebuloni, edito da 13Lab, si addensano misteri e… galleggiamenti inquietanti. Ma, come insegna la corrente letteraria da lui fondata, a tutto c’è una spiegazione e ogni personaggio è correlato agli eventi da un filo rosso che lascerà il lettore a bocca aperta
Lo scrittore milanese Giovanni Nebuloni, fondatore della corrente letteraria Fact-Finding Writing, con la sua ottava opera, Nel nome dell’Universo (Edizioni 13Lab, pp. 316, € 15,00), non si smentisce e non delude, continuando a stupire anche il lettore più esigente: nello stesso denso, veloce, scioccante romanzo, convergono fisica, filosofia, religione, scienza, archeologia, storia e antropologia, passando per crudi omicidi, animali – forse – minacciosi e persone tutt’altro che comuni.
La trama si svolge in piena primavera, nel corso di quattro giornate durante le quali – non è un modo di dire – accade veramente di tutto ai personaggi, che si svelano piano piano e danno vita a più storie che convergono, poi, in un unico “perché”. Assieme ad agenti segreti internazionali e addetti ai lavori nucleari, il lettore viaggia rapidamente tra Milano, la Provenza, il Pakistan, la Turchia, la Germania e «un ecosistema in qualche dove, in un certo tempo». Una coppia fredda come il ghiaccio e un uovo che, a dispetto della forza di gravità, galleggia in aria danno avvio a un racconto nel quale non c’è il tempo di annoiarsi. E neanche di affezionarsi troppo ai protagonisti, esseri umani con esistenze affettivamente precluse, quasi criptiche, talvolta imprigionate in relazioni apatiche. Ben presto si scopre che chi comanda il gioco e muove i fili di due uomini e due donne come fossero marionette è niente meno che un reattore nucleare dotato di vita propria, ma via via si avrà un’ulteriore, vera sorpresa su chi li manovra veramente. Qualcun altro. O qualcos’altro.
Un numero incredibile di morti ammazzati costella le vicende a sfondo “nucleare” di persone dalle vite complesse, anche se la storia mantiene una linea sobria, senza essere mai oltremodo cruenta. Piuttosto, curiosa. E a un ritmo incalzante: corpi che si sciolgono e/o evaporano, che si tramutano in «lustrini» o che si moltiplicano; alternanza di buio e luce, di interni quasi sempre inquietanti – come quelli delle case, poco familiari e per nulla calorose – ed esterni singolari, ma non anonimi né banali; piante assassine, pericolosi scorpioni, topi invasivi e condor salvifici; armi, coltelli ed esplosivi, maneggiati da esili donnine-killer come fossero piume; aurore boreali e acqua, tanta strana acqua. Il simbolo della vita, verrebbe da pensare. Ma cosa lega questi elementi? Cosa li colloca nel mondo, il nostro stesso mondo?
Il romanzo, infatti, non è ambientato in uno spazio fantastico, ma su una Terra che dà segni di forte squilibrio, a partire dalla sua stessa inclinazione. E cosa c’entra un uovo “ribelle” che non vuole cadere in padella? È solo alla fine del libro che si potrà chiudere il cerchio, tirando le fila di una storia interessantissima e complessa che, in iter, disorienta anche il lettore armato delle migliori intenzioni. E proprio il lettore più impaziente dovrà avere fiducia nella Fact-Finding Writing, la corrente letteraria entro la quale, non va dimenticato, si contestualizza un romanzo denso che rincorre se stesso. Egli avrà tutte le risposte che cerca in questo action-thriller ambientalista che parte, si sviluppa e procede da simboli che, con il tempo, acquisiscono ognuno uno scopo preciso. Il ritmo della storia rallenta un po’ laddove si parla dettagliatamente di fisica quantistica e di fusione nucleare, anche se nel finale un imprevedibile e veloce colpo di scena chiarisce tutto; addirittura, in esso è indicata la strada per salvare il pianeta dall’autodistruzione. Un messaggio ambientalista che non stride con la dura linea di coloro che, un po’ come fossero i supereroi di un videogioco al cardiopalma, capiremo essere “solo” degli strumenti e che, in chiusura, si concederanno un ultimissimo viaggio che susciterà un particolare clamore.
La Fact-Finding Writing, «scrittura conoscitiva o scrivere per conoscere», fondata dallo stesso Nebuloni, si impone di informare e intrattenere contrastando la noia. Come? Costruendo immagini, proprio nell’era in cui tutto pare ergersi su di esse. E in tale «ottica stilistica, obiettivo della Fact-Finding Writing è avvicinare il linguaggio cinematografico al linguaggio letterario», mettendo il lettore di fronte a una pagina scritta che si comporta come una videata, uno «schermo di carta che si possa piegare fisicamente».
Nel nome dell’Universo si riconosce perfettamente in tali aspetti-cardine, esplicati e descritti minuziosamente nel Manifesto della Fact-Finding Writing posto in appendice al libro. Anche le scene più raccapriccianti di omicidi e suicidi vengono descritte con cognizione di causa e una certa, non scontata freddezza, senza rincorrere sensazionalismi, ma a favore di un racconto sobrio e realista, con punte di ironia nei dialoghi più delicati o nelle sequenze maggiormente tecniche. Inoltre, le domande e i dubbi dei personaggi del libro sono gli stessi del lettore, che si identifica con loro e si sente accompagnato in un percorso di conoscenza «nel moto perpetuo dell’imprescindibile scrittura». Come in un film che ingloba diversi generi e che fa sua l’arte di appassionare confondendo piacevolmente lo spettatore, l’intreccio della storia conduce il lettore nei luoghi più disparati e gli fa incontrare uomini ora inquietanti ora – fintamente – rassicuranti, talvolta quasi anaffettivi e sentimentalmente asettici, talvolta ironici, ma in fondo rassegnati al proprio “speciale” destino.
Le immagini: la copertina del libro di Giovanni Nebuloni Nel nome dell’Universo e il logo del movimento della Fact-Finding Writing da lui ideato.
Maria Daniela Zavaroni
(LucidaMente, anno X, n. 116, agosto 2015)
La nostra rivista si è spesso occupata della produzione narrativa di Giovanni Nebuloni. Ecco un elenco degli articoli pubblicati a firma di vari redattori: Le riflessioni di Giovanni Nebuloni sulla scrittura conoscitiva 2; Le riflessioni di Giovanni Nebuloni sulla scrittura conoscitiva 1; Un romanzo che indaga su una scienza e una religione folli; La Fact-Finding Writing come forma conoscitiva; «…i luoghi dove più si addensava l’energia dell’universo»; «La testa era collegata a fili che pendevano dall’alto»; Realtà e finzione nel “fact-finding writing”; Una tela di mistero tessuta da religioni, servizi segreti e amore; Nel ventre profondo della divinità; Dalla metropolitana alla steppa mongola; Un oscuro enigma di 3500 anni fa; Un rapido succedersi di abili e sorprendenti colpi di scena; «Il “doppio” può essere la morte»; La polvere eterna di Giovanni Nebuloni;