Un omaggio al deputato dell’Estrema sinistra storica nell’anniversario della sua “misteriosa” morte
Immaginate Enrico Letta che sfida Matteo Renzi a duello (ne avrebbe ben le ragioni…). Immaginate dei deputati di sinistra che accorrono per aiutare terremotati o alluvionati, sporcandosi le mani e impegnando le proprie energie fino allo stremo. Immaginate un impegno politico fondato sull’onore, sugli ideali, sul rispetto degli impegni assunti.
Certo, stiamo parlando di un’altra epoca. Di altri personaggi, uno degli ultimi dei quali potrebbe essere stato Sandro Pertini. Il 6 marzo 1898, esattamente 116 anni fa, Felice Cavallotti moriva a Roma per le ferite riportate in un “duello d’onore” alla sciabola. Si trattava del trentatreeesimo duello sostenuto dal deputato (che era nato a Milano il 6 ottobre 1842), tutti non all’ultimo sangue e, quindi, senza mai alcuna vittima. In pratica, si trattava di una breve scaramuccia nella quale vinceva chi “toccava” per primo l’avversario.
Molti, in effetti, erano i nemici di Cavallotti. Egli era stato garibaldino, era anticlericale e antimonarchico, radicale, aperto alle idee socialiste, libertario (ebbe molte “libere unioni” e riconobbe sempre i figli nati da esse). Eletto deputato a soli 31 anni, nel 1873, in Parlamento si era collocato all’Estrema sinistra (sotto la sua guida i radicali crebbero da 20 a 70 deputati).
Era molto popolare e amato per il suo coraggio e integrità morale, tanto da essere definito «il bardo della democrazia». Fu tra i promotori del monumento di Ettore Ferrari inaugurato nel 1889 in piazza Campo de’ Fiori dedicato a Giordano Bruno (vedi Il rogo di Giordano Bruno). Di temperamento generosissimo, fu – assieme al socialista Andrea Costa e all’anarchico Enrico Malatesta – letteralmente al fianco del popolo napoletano e, col socialista Luigi Musini, dei palermitani durante le epidemie di colera che colpirono le due città (1884-85).
Chi era, invece l’assassino di Cavallotti? Il conte Ferruccio Macola era nato a Camposampiero (Padova), nel 1861, nel Veneto ancora asburgico. Di nobile famiglia, era stato ufficiale della Marina mercantile, quindi giornalista e deputato della Destra storica. Nel 1886 aveva fondato a Genova Il Secolo XIX; nel 1888 aveva acquistato La Gazzetta di Venezia. E proprio una notizia riportata su quest’ultimo giornale, non verificata, relativa a una querela che Cavallotti avrebbe ricevuto come deputato, fu alla base della sfida che il deputato milanese lanciò a Macola, definito «mentitore».
Il duello. Macola volle si usassero sciabole affilate, con uso del guanto. La sfida si svolse nel pomeriggio presso porta Maggiore, nel parco della contessa Cellere e durò solo pochi minuti. Il veneto, di vent’anni più giovane del suo avversario, più alto e più esperto nell’usare quel tipo di arma, al terzo attacco trafisse al palato e alla carotide Cavallotti, che, trasportato nella villa, morì alle ore 15,30, soffocato dall’emorragia. Nella “vulgata” popolare, e non solo, il vero mandante dell’assassinio fu considerato Francesco Crispi, divenuto, da garibaldino, presidente del Consiglio (1887-91; 1893-96) e leader della destra conservatrice e autoritaria. Ma questo mai si poté appurare e mai lo si potrà fare.
Ma vi fu una nemesi. Anche se, stranamente, Macola non fu processato secondo la legge, che proibiva i duelli e soprattutto gli omicidi nel corso di essi, egli venne unanimemente emarginato. Travolto dalle polemiche e dalla condanna morale dell’intera società per quella morte, nel 1905 si dimise da deputato e vendette il giornale veneziano. Nel 1910, a Merate presso Lecco, si tolse la vita con un colpo di pistola.
Le immagini: Felice Cavallotti; il deputato milanese al centro di una foto con Luigi Musini, con una squadra di volontari accorsi a Palermo durante l’epidemia di colera del 1885; litografia coeva raffigurante il duello (da Il secolo illustrato del 20 marzo 1898; autore A. Bonamore).
Rino Tripodi
(LucidaMente, anno IX, n. 99, marzo 2014)
In un leale duello non si può parlare né di assassinio né di mandanti. Cavallotti aveva lanciato la sfida e il duello, come pure era possibile, finì tragicamente. Il duellante che vinse pagò la tragica fine di Cavallotti con la propria vita. Altro segno di tempi completamente differenti dai nostri in cui il pentimento è solo un modo per uscire dal carcere. Onore quindi a Cavallotti ma non permettetevi di dare dell’assassino a Macola che fu sfidato e si difese lealmente. I duellanti leali non sono dei volgari assassini. Cercate di essere coerenti con l’apertura del vostro articolo nella quale evidenziate l’enorme differenza morale tra gli uomini politici di allora e gli invertebrati che ci malgovernano.
Gentilissimo lettore, grazie per il suo intervento.
I duelli allora era risaputo che finissero con la prima ferita, o tocco. Non si concludevano mai a morte. Compiuta l’unità d’Italia, nel 1875 venne approvata una legge contro il duello che rimase in vigore, con pochi mutamenti, per più di cinquant’anni. Quindi quel duello era da considerarsi fuorilegge e clandestino. L’onore dei duellanti e la consapevolezza della legge portavano quindi coloro che, nonostante tutto, si sfidavano o accettavano di duellare a non portare mai alle estreme conseguenze il duello. Quindi, consapevolmente o inconsapevolmente, quello fu a tutti gli effetti un omicidio, o volontario oppure colposo.
Gentilissimo lettore, grazie per averci scritto e per il suo approfondimento.