Nel suo primo romanzo, “Il metodo della bomba atomica”, edito da LiberAria, la scrittrice Noemi Cuffia parla di passione e coraggio, ma anche di sofferenza. “LucidaMente” ha raccolto le parole dell’autrice
Una storia d’amore e di dolore che si dipana, tra il 2007 e il 2010, in una Torino che fa da sfondo alle vite di due giovani, Celeste e Leone; un cuore che batte di continuo, lungo tutto il corso del libro; l’inquietante ritrovamento di un cadavere; la fuga, rappresentata come l’unica soluzione all’attacco di ogni forma di male. Il metodo della bomba atomica (LiberAria, pp. 152, € 15,00), primo romanzo della blogger e scrittrice torinese Noemi Cuffia, è tutto questo e non solo. Nell’intervista che segue cerchiamo di conoscerla meglio e di scoprire qualcosa in più del suo racconto.
Benvenuta, Noemi. Puoi descriverci, senza svelare troppo, la trama del tuo libro?«Certo! Una coppia di trentenni, durante la consueta corsa della domenica mattina, assiste al ritrovamento di un cadavere che emerge dalle profondità di un laghetto artificiale in mezzo al parco. Quel corpo appartiene a un uomo che lei conosce, Umberto, e il passato, insieme a lui, ritorna a galla».
Celeste e Leone, i protagonisti, hanno nomi insoliti. Come mai? E come si può definire il loro rapporto?«Fino alle ultime stesure i nomi erano diversi, avevo scelto qualcosa di più “normale” e ordinario. Poi, però, insieme alla editor Alessandra Minervini, ho capito che quei personaggi richiedevano corrispondenze più simboliche. La ragazza, infatti, volevo fosse proprio “celestiale”, quasi eterea, mentre Leone possiede tutte le caratteristiche di un felino: è coraggioso e determinato. Il loro rapporto, come suggeriscono i nomi stessi, è complesso e si regge su equilibri che sembrano forti ma che in realtà si sgretolano facilmente. La relazione è però di aiuto: lui vive per lei, la vuole salvare dal mondo e da se stessa. Nel finale si scopre se questo è veramente possibile oppure no».
Che cos’è il “metodo della bomba atomica”?«Si tratta di uno dei tanti sistemi che Leone si inventa per aiutare Celeste. Quando lei è triste, persa a riflettere nel vuoto e nella sua solitudine, lui decide che l’unica soluzione per scuoterla sia farla uscire di casa, stanandola dai suoi molti rifugi e nascondigli. Questo metodo consiste nell’urlare fortissimo che dentro è esplosa una bomba atomica. Leone si mette proprio fisicamente alle spalle di Celeste e la spaventa con queste grida. Il concetto alla base di tale idea è che la casa, normalmente un nido e un luogo sicuro, in certi momenti e per alcune persone può diventare causa di malessere e precludere una vita serena».
Pensi che questo sistema possa funzionare per affrontare i problemi della vita reale, oppure sia solo un modo per fuggire?«Ritengo che sia molto utile. A volte è necessario uscire, anche metaforicamente, dai propri stretti confini ed esplorare il mondo, per scoprire poi che siamo tutti parte di qualcosa di comune, che soffriamo allo stesso modo e che le soluzioni esistono anche per noi».
Prima di questo esordio narrativo eri una blogger molto stimata e lo sei tuttora. Lavorare alla stesura di un romanzo è molto diverso da un approccio con il web…«Sì, c’è una differenza sostanziale. La scrittura in un blog è più immediata, veloce, rapida e… indolore. Anche se agisce in modo molto capillare e incisivo, in un certo senso svanisce in fretta. O, per lo meno, tale è la percezione che attualmente abbiamo noi; poi bisognerà vedere cosa faranno i posteri di tutto questo immenso materiale. La scrittura narrativa invece è arte e, in quanto tale, è un mistero; per me c’è qualcosa di sacro nella sua essenza. I personaggi spesso arrivano da un altrove inesplorato e parlano con gli autori. Quel senso di “ispirazione”, che va sempre sostenuto con un duro lavoro, determina una sensibilità profondissima e uno stato d’animo inspiegabile, collegato appunto alla sfera dell’arte, che ritengo vicino al divino. Dico questo, naturalmente, al di là dei risultati e dei giudizi di valore sulle singole opere letterarie. La narrativa richiede tempo maggiore e una concentrazione diversa dal web. Ciò non significa che un bravo blogger non sia attento, ma la natura dei due strumenti differisce parecchio».
Anche Celeste è una blogger, ma soprattutto una donna divisa tra un amore solido e duraturo e una passione che inaspettatamente la sconvolge. Quanto è autobiografico questo personaggio? C’è forse qualcosa di te anche in Leone?«In realtà il personaggio femminile è meno autobiografico di quanto pensassi e ogni giorno lo sento allontanarsi e sfuggire da me. Soprattutto in amore non conosco, nella realtà, quel genere di contraddizione. Esplorarla mi ha molto appassionata, forse perché io ho un’esistenza molto più tranquilla rispetto a Celeste, decisamente più solitaria! Non riuscirei mai a sopportare ciò che lei ha vissuto, non mi ci inoltrerei nemmeno. Tuttavia mi pareva suggestivo, da un punto di vista narrativo, mostrare un personaggio in balìa del suo cuore e del suo istinto. Effettivamente c’è molto più di me in Leone. Questa domanda è bellissima ed è la prima volta che qualcuno riconosce tale eventualità. Ritengo che, a un certo punto, ci sia una strada da seguire negli intrecci della vita, che è quella etica, sempre e comunque. Volevo che Leone incarnasse questo valore, in cui credo fermamente».
È difficile inquadrare il tuo romanzo in un genere preciso: romantico, di formazione, noir? Pensi che abbia senso fare distinzioni di questo tipo?«Mi piace scoprire i colori che ci trovano i lettori. Qualcuno lo ha chiamato un romanzo “bianco”, proprio perché indefinibile, e mi sembra la catalogazione migliore. Quanto alla mia veste di lettrice… sì, trovo giusto distinguere i generi perché è anche divertente e rilassante, qualche volta, sapere a cosa si va incontro aprendo un romanzo».
Quali sono i tuoi autori preferiti, che magari hanno contribuito alla tua formazione?«Sono cresciuta con i classici del Novecento italiano: Italo Calvino, Cesare Pavese, Goffredo Parise, Elsa Morante, Natalia Ginzburg, anche se poi mi sono laureata in Letteratura angloamericana; sono quindi molto appassionata dei contemporanei di quell’area, come Martin Louis Amis e Jonathan Franzen. Uno dei miei scrittori preferiti in assoluto, però, è Haruki Murakami, che ha contribuito molto alla mia maturazione, specialmente nella stesura di questo libro».
Progetti futuri?«Ho in mente un secondo romanzo. Voglio prendermi del tempo per capire che narratrice sono e quale sia il mio respiro».
Le immagini: la copertina del romanzo Il metodo della bomba atomica, una vista di Torino e l’autrice Noemi Cuffia.
m.d.z.
(LucidaMente, anno XI, n. 98, febbraio 2014)