La prima sembra essere subordinata alle caratteristiche della seconda. L’esempio delle società tanto più inique quanto più “credenti”
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È diffusa l’idea che esista una relazione causa-effetto fra la religione (causa) e alcuni dei tratti che caratterizzano una società (effetto). Un logico corollario di questa idea è che eventuali cambiamenti della prima avrebbero conseguenze sulla seconda. Ma la ricerca scientifica mostra un quadro ben diverso.
In base alle sue osservazioni, sono l’ambiente e la società a influenzare la religione e non il contrario. Perciò, i cambiamenti che avvengono nella civiltà non sono conseguenza ma piuttosto causa della trasformazione del culto, favorito, dalle sue forme più embrionali a quelle più complesse, dall’ambiente. In particolare, sono soprattutto le sensazioni di essere in balìa degli eventi o di essere vittime di un’ingiustizia i parametri che incoraggiano la propensione verso la superstizione, l’astrologia, la ritualità. Già nel 1925 gli studi condotti dall’antropologo polacco Bronislaw Malinowski avevano rilevato come i pescatori che si spingono in alto mare siano più superstiziosi di quelli che pescano nelle lagune. Ed è esperienza comune l’osservazione che la tendenza a consultare maghi e a possedere talismani sia particolarmente accentuata fra le persone insicure o che esercitano attività rischiose. La lettura dell’oroscopo, poi, è molto più diffusa fra chi vive situazioni di incertezza (economica, affettiva…).
Recentemente sono stati condotti esperimenti che hanno dimostrato come la correlazione incertezza-irrazionalità non sia spuria, bensì un rapporto di causa-effetto. Inducendo sperimentalmente in alcuni volontari la sensazione di non poter controllare l’ambiente, i ricercatori hanno osservato la comparsa di comportamenti illusori quali vedere immagini in macchie casuali, trovare nessi di causa-effetto fra eventi totalmente slegati, percepire l’esistenza di cospirazioni o relazioni in realtà assenti. Un ambiente che non si controlla è, quindi, un’importante causa dell’insorgenza della superstizione e del pensiero irrazionale.
Altri studi hanno mostrato come vivere in un ambiente che non dà quelle risposte di equità che dovrebbero essere alla base dell’instaurarsi e del mantenersi della società umana, spinge le persone a cercare altrove la giustizia. Ci si rivolge alla religione per dare senso a eventi che si ritengono immeritati (interpretati allora come frutto di un disegno superiore) o per ricevere da un’entità metafisica la giustizia qui negata (se essa non è presente in questo mondo, si spera lo sia nell’altro). Questi comportamenti individuali influenzano la struttura della società. È stato infatti dimostrato come le diseguaglianze di ceto e di censo spingano tutti, ma soprattutto i poveri, ad appoggiare politici che professano un credo, favorendo l’ingerenza della religione nella società. Tutto questo permette di capire perché le civiltà inique siano anche quelle più credenti. Il fatto, poi, che i culti siano spesso più “attrezzati” per accettare l’ingiustizia piuttosto che per vincerla, può innescare un meccanismo di rinforzo (la religione, col suo tollerare l’iniquità, la favorisce).
Bruna Tadolini – professoressa ordinaria di Biologia presso l’Università di Sassari – dall’archivio di NonCredo. La cultura della ragione, «volume bimestrale di cultura laica»
(LucidaMente, anno VIII, n. 96, dicembre 2013)
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Mi paiono considerazioni enormemente semplicistiche. Molte sono le generalizzazioni non dimostrabili e di cui non si riporta alcuna fonte. Oppure le pretese “dimostrazioni”, pure non suffragate da fonti verificabili. Leggo per esempio: “…È stato infatti dimostrato come le diseguaglianze di ceto e di censo spingano tutti, ma soprattutto i poveri, ad appoggiare politici che professano un credo, favorendo l’ingerenza della religione nella società.” Ma chi l’ha dimostrato, e come? Per le mie conoscenze storiche e sociologiche è da tempo che nei fatti umani collettivi non si privilegiano più interpretazioni monocausali (una rassegna non molto invecchiata dello stato dell’arte per la storia in Lawrence Stone, Viaggio nella storia, Laterza).
Altro assunto che a mio perere lascia veramente interdetto lo storico è quello secondo cui “le civiltà inique siano anche quelle più credenti”. Non si tratta del concetto in sè, quanto dell’idea che sia possibile isolare “civiltà inique”, si suppone per distinguerle da “civiltà eque”. Un’idea del genere dovrebbe essere da sola meritevole di giustificzione, accompagnata dalla spiegazione di quali sarebbero le “civiltà eque” e quelle “inique”. Senza questa operazione, la frase riportata rimane ambigua.
Mi viene da considerare che in questo articolo non ci si stacca dalla sostanziale inutilità degli sforzi argomentativi dell’anticlericalismo. E mi chiedo: ma se si è convinti che è tutta e sola materia condannabile, a che pro perdere tempo con essa?
A che pro?
Non si dà contesto umano che sia privo di religiosità. La religione è un fatto culturale e l’atteggiamento da assumere nei suoi confronti non può e non deve essere diverso da quello relativo a qualsivoglia altra manifestazione culturale.
La religiosità, in termini generali, non è né positiva, né negativa, tutto dipende dai suoi contenuti.
La religiosità cattolica postula il rifiuto della razionalità (noli altum sapere; quod non est ex fide peccatum est), ostacolando con ogni mezzo il miglioramento della condizione umana (la Chiesa cattolica è grande quando l’umanità soffre), predisponendo la società umana all’evento dell’Apocalisse, vale a dire, della distruzione dell’operato della Genesi. Essa ha introdotto nella cultura occidentale il principio di intolleranza (Codex Iustinianus I, I-XI), ha ratificato l’ulteriore principio dell’origine divina del potere politico (non est potestas nisi a Deo), della sua arbitrarietà (quod principi placuit legis habet vigorem). Sintetizzando, ulteriormente, essa si basa sul primato dei Pontefici intesi come vicari di Dio sulla Terra e, quindi, padroni di tutto e di tutti. Per altro chi assume di essere Dio in Terra non può che essere uno psicopatico.
Positiva è, invece, la religiosità pagana nei termini ricostruttivi svolti da Sallustio (“Sugli Dèi e il mondo”); positivo è il cristianesimo illuministico che è, infatti, alla base del Primo Mondo, vale a dire, dell’area della Riforma, il cui progressivo abbandono è la causa della tendenziale decadenza in atto.
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