Nel suo nuovo romanzo “Il bacio del pane” (Mondadori) Carmine Abate lavora sulla memoria affettiva e sensoriale, attualizzando storie adolescenziali nella realtà, non sempre paradisiaca, della propria terra d’origine
È da poco uscito Il bacio del pane (Mondadori, pp. 176, € 12,00), nuova fatica di Carmine Abate, narratore calabrese profondamente legato alla sua terra e celebratore liricamente realista del romanzo di formazione.
Ambientato a Spillace, un paesino immaginario della Calabria, il libro parla di cose semplici e importanti, alternando descrizioni di luoghi paradisiaci al crudo racconto della realtà mafiosa. Il testo fotografa alcuni adolescenti dei giorni nostri durante un’estate che segna passi fondamentali per il loro processo di maturazione, una stagione «gonfia di caldo secco e di promesse», con i primi amori e la presa di coscienza dell’esistenza di un mondo criminale. Umanità, tenerezza, generosità: i ragazzi di Spillace – figli dei «migranti ritornati in massa per le ferie» o, come il protagonista Francesco, abitanti stabili nel paese in cui «vivono più gatti e cani che persone» – rappresentano tutto questo, nel loro essere vittime delle tempeste emozionali dell’adolescenza e portatori sani di un forte senso di giustizia e solidarietà.
Il bacio del pane viaggia su due linee che si intrecciano: da una parte, esso restituisce i valori della terra d’origine, attraverso il gusto del cibo – che solo la cucina di casa possiede – e le descrizioni, quasi dannunziane, di luoghi naturali incantevoli, tra fresche cascate d’acqua e ginestre, oleandri e lecci profumati; parallelamente, invece, si dipana il dramma delle «vipere velenose» della Calabria, la criminalità organizzata che calpesta e minaccia ogni forma di vita pulita e onesta. La struttura del romanzo prevede, in questo doppio contesto, un’ulteriore figura di spicco: Lorenzo, un uomo di grande dignità che lascia Milano con la Divina Commedia sottobraccio, trovando conforto e amicizia proprio nella cornice naturale che fa da sfondo alla rovente estate di Spillace. L’epilogo del libro, non scontato, contiene un messaggio di speranza che sorprende e commuove.
Un altro protagonista è il pane: esso si configura come una sorta di filo rosso che, con la sua fragranza, accompagna il lettore lungo tutto il racconto, divenendo l’emblema inviolabile del lavoro, del ricordo e dei valori legati alla famiglia, ma anche il sostentamento dell’uomo fuggitivo. Il pane, impreziosito dal rituale della preparazione, è un elemento rassicurante e sacro − viene, infatti, baciato prima di gettarlo via − che tiene uniti i protagonisti del romanzo. Colazioni, pranzi e cene ricorrono frequentemente, con descrizioni precise di sapori e profumi di cibi cucinati e consumati con passione. Leggendo, ci si abbandona alla sensazione di gustare i fichi maturi appena raccolti, portati in tavola con il pane appena sfornato e il caffè caldo, o di addentare peperoncini piccanti, paste al forno, olive, ricotta…
Le pagine di questo libro fanno bene, poiché inducono a un’operazione di recupero della memoria senza far perdere il contatto con la realtà. Sacralità della terra d’origine, emigrazione, scoperta della sessualità e di un mondo diverso da quello dorato dei primi amori adolescenziali, sangue, fughe e speranza: Il bacio del pane è un romanzo di formazione che nasce dal contrasto tra le bellezze dei luoghi realmente descritti e l’orrore della criminalità organizzata, regalando spunti di riflessione all’interno di “storie normali” che appartengono al vissuto di tutti.
Carmine Abate è nato a Carfizzi (Crotone) nel 1954 e vive in Trentino, dove insegna. Il suo primo libro di poesie è del 1977, Nel labirinto della vita (Juvenilia), mentre il debutto come narratore avviene nel 1984 in Germania, con la raccolta Den Koffer und weg! (Neuer Malik). Tra i romanzi pubblicati in tanti anni di attività ricordiamo Tra due mari (Mondadori), La festa del ritorno (Mondadori) e, soprattutto, La collina del vento (Mondadori), con cui ha vinto nel 2012 il Premio Campiello. I suoi libri sono tradotti in albanese, francese, greco, inglese, olandese, portoghese e sono in corso di traduzione anche in arabo.
Le immagini: la copertina del libro Il bacio del pane e una foto dell’autore (fonte: www.carmineabate.net).
Maria Daniela Zavaroni
(LM MAGAZINE n. 27, 18 novembre 2013, supplemento a LucidaMente, anno VIII, n. 95, novembre 2013)
Ma Spillace era il fantasioso nome del paesino oggetto del romanzo “La collina del vento”. Ora me lo ritrovo come ambientazione de “Il bacio del pane”.
Non è che prima o poi non me lo ritrovo come sede del Parlamento Europeo?
Ernesto Scura
Gentilissimo lettore, grazie per averci scritto. In letteratura i luoghi, anche se immaginari, diventano “topoi” riutilizzabili.