Circoncisione e altre mutilazioni genitali. Forse sarebbe l’ora che finalmente le religioni si occupassero solo dell’anima e della spiritualità. Le considerazioni di Paolo Bancale, direttore di “NonCredo”
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Il noto teologo e filosofo di provenienza protestante-anglicana Don Cupitt, cercando di immaginare perimetro e modalità dell’orizzonte postreligioso del mondo odierno, constata che «le nostre vecchie tradizioni religiose e morali sono esaurite e nulla può resuscitarle». Quindi si fa propugnatore di un totalmente diverso paradigma di religione affermando: «La religione oggi deve diventare senza credo. Non c’è niente di esterno cui credere o in cui sperare. La religione, quindi, deve diventare un modo immediato e profondamente sentito di entrare in rapporto con la vita in generale e con la propria in particolare».
Personalmente condivido Cupitt, e intanto mi guardo intorno, ma vedo solo religioni intrise di corporeità, materialismo, carne, affari e sesso. Di fronte a questo spettacolo plaudo alla sentenza della Corte d’appello di Colonia che definisce la circoncisione di un minore per motivi religiosi una violazione, quale assolutamente è, della sua integrità fisica, penalmente perseguibile. Non voglio qui addentrarmi nell’insidiosa terra di confine fra libertà di culto e Stato di diritto, e resto pertanto nel campo della o delle religioni. Però mi chiedo: se esse vogliono essere o almeno apparire delle realtà dell’anima, dello spirito, fino a parlare di amore, ma possono mai imporre odiose mutilazioni del corpo, e per giunta genitali, e ai non consenzienti in particolare? Ma che abiezione è mai questa, praticata da musulmani ed ebrei che cercano così di coniugare il loro dio con il pene dei fedeli? E quale insulsa e stomachevole mitologia arcaica sta dietro al cosiddetto “Patto della circoncisione” che fu addirittura comandato da dio ad Abramo?
Albert Einstein diceva che la sola differenza tra genio e stupidità è che il genio ha dei limiti. Visto che stiamo trattando della stupidità, c’è da aggiungervi anche la crudeltà riguardo a questo autolesionismo e automutilazione tribale di appartenenza. Il caso più eclatante in epoca moderna di tanta superstizione masochistica è quello dei falashà, ebrei etiopi di pelle nera che si vuole far discendere dalla regina di Saba e dal re Salomone. Nel rispetto della regola del “rientro” degli ebrei in Israele, fra il 1980 e il 1991 ben 45.000 falashà furono fatti migrare dall’Etiopia. Essi sono ebrei circoncisi, ma al rientro i peni di tutti i maschi furono “controllati” (!) e i rabbini israeliani osservarono che la loro circoncisione non era da considerarsi del tutto “regolare”, per cui ne pretesero un’ulteriore intervento chirurgico.
Operazione che negli adulti è molto dolorosa, data la sensibilità della zona e le possibili erezioni, oltre a essere lunga a guarire (infatti gli ebrei circoncidono i neonati entro l’ottavo giorno). Ma Jeova non transige: se Parigi val bene una messa, un pene alla moda biblica varrà forse il loro paradiso. Mutilazioni genitali per i monoteisti ebrei e islamici, divieto di trasfusione per i testimoni di Jeova, cilicio e autofustigazioni per le processioni cattoliche: che altro dire? Per queste religioni lo Spirito probabilmente viene confuso con l’alcool. Che pena la cosa in sé e che pena la credulità di chi la accetta…
Paolo Bancale – dall’archivio di NonCredo. La cultura della ragione, «volume bimestrale di cultura laica»
(LucidaMente, anno VIII, n. 90, giugno 2013)
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