Nel saggio “Storia segreta del Pci” (Rubbettino), Rocco Turi propone uno scenario inedito per spiegare il decesso del leader comunista, ipotizzando un complotto collegato all’uccisione di Aldo Moro
Era l’11 giugno 1984 quando, a Padova, Enrico Berlinguer perse la vita nel mezzo di un comizio elettorale. La tesi ufficiale parla da sempre di una morte sopraggiunta in seguito a un ictus cerebrale, ma oggi, ventinove anni dopo, il sociologo e docente universitario Rocco Turi – studioso dei partigiani fuggiti in Cecoslovacchia con la complicità del Partito comunista italiano – avanza, sul tema, un’ipotesi nuova e inquietante. Nel libro Storia segreta del Pci. Dai partigiani al caso Moro (Rubbettino, pp. 328, € 16, 00), Turi ripercorre, infatti, i momenti cruciali di quella sera, tentando di dimostrare, primo in Italia, che Berlinguer sarebbe morto a causa di responsabilità precise e dirette, legate a una serie di stranezze e di ritardi nei soccorsi.
Nel volume si mira a ricostruire la genesi politica e la storia del complotto internazionale che portò al rapimento dell’onorevole Aldo Moro, contestando le tesi politicamente corrette riportate dalle carte ufficiali del governo italiano. Turi, inoltre, afferma che si aspettò troppo tempo prima di portare Berlinguer in ospedale: dopo i primi malori, egli venne accompagnato in albergo e, trascorse due ore, fu chiamata un’ambulanza. L’uomo, poi, sebbene il contesto clinico richiedesse massima tempestività, non sarebbe entrato in sala operatoria appena giunto in ospedale, bensì a notte inoltrata. L’autore rivela un ulteriore particolare, ovvero la presenza, accanto a Berlinguer, di un amico medico, Giuliano Lenci: anch’egli comunista e iscritto all’Associazione nazionale partigiani d’Italia, nonché primario all’ospedale Busonera di Padova, il dottore prestò i primi soccorsi, ordinando, tuttavia, di trasportare il malato in albergo.
Il fatto più inquietante – e grave, qualora fosse vero – è però un altro: Turi ricorda che Berlinguer iniziò a sentirsi male alle 22,30, proprio dopo avere bevuto un bicchiere d’acqua durante il comizio, ufficialmente per placare conati di vomito e i sintomi di una congestione che si trascinava dalla sera precedente. Gli inquirenti, sempre secondo il sociologo (in verità assai agguerrito nei confronti del Pci), non solo avrebbero trascurato il fatto che, in presenza di vomito, non si ha voglia di bere, ma non avrebbero nemmeno pensato di analizzare, successivamente alla morte, l’acqua ingerita da Berlinguer.
La tesi del complotto, insomma, prende vita e senso nelle pagine di Turi, che collega la fine del leader comunista all’uccisione di Moro: «Entrambi lavoravano per realizzare in Italia il primo Compromesso Storico della Storia repubblicana, e probabilmente i servizi segreti dei Paesi dell’Est, e non soltanto loro, non riuscivano ad accettare che questo potesse accadere». A dimostrazione di ciò, la testimonianza dell’ex ministro dell’Interno cecoslovacco dal 1953 al 1961: egli confermò personalmente a Turi che i partigiani italiani fuggiti nell’Europa dell’Est furono, poi, al servizio del Kgb e della polizia segreta cecoslovacca per tutti gli anni della Guerra fredda e che la Cecoslovacchia fu meta per l’addestramento di terroristi provenienti da tutto il mondo. La totalità di questo scenario racchiude una serie di preoccupanti e ambigue manovre che, qualora venissero confermate, cambierebbero la storia del Pci e non solo.
Le immagini: Enrico Berlinguer (1922-1984); la copertina del libro Storia segreta del Pci; il sociologo Rocco Turi.
Maria Daniela Zavaroni
(LucidaMente, anno VIII, n. 89, maggio 2013)
Ma per lo studioso, che ha deciso oggi di fare in questo libro le pulci alla storia e ai segreti del vecchio Partito Comunista Italiano, ci fu un altro dettaglio che quella sera avrebbe dovuto porre agli inquirenti alcune domande importanti: ”Quella sera tutti si preoccuparono di intercettare la registrazione video con le immagini del comizio e del bicchiere d’acqua. Ci furono telefonate tempestose: Alle due della notte, quando Berlinguer era in sala operatoria, Folena era riuscito a contattare a Roma il responsabile Comunicazione del Pci, Walter Veltroni, il quale riuscì a fare intervenire la Rai. E la Rai contrattò, con l’avvocato, l’operatore e acquistò la cassetta video. Il contratto fu steso dentro un furgone, nel piazzale dell’Ospedale. Una fretta inadeguata. Un mistero anche questo”.