McDonald’s, il colosso del fast food, insegna marketing ai futuri manager dei suoi ristoranti. Dieci le sedi sparse per il mondo: dal 2010 una è anche in Emilia-Romagna. I preoccupanti risvolti sociali
Un investimento di stampo multinazionale è alla base dell’aumento delle iscrizioni ai corsi delle Hamburger Universities di McDonald’s. Il dato si riferisce al quadriennio 2008-2012, ma la storia ha inizio nel 1961: a Oak Brook, Illinois, sorge la prima facoltà del panino più famoso al mondo. L’offerta formativa è concepita dai medesimi fondatori della «emme» gialla e si alimenta dei proventi di un fatturato in costante crescita. L’obiettivo dichiarato? “Laureare” 5.000 giovani all’anno soltanto nel primo decennio.
Ad oggi, 65.000 studenti hanno discusso una tesi insieme ai docenti McDonald’s: accade ogni settimana nei 22 distaccamenti universitari di Stati Uniti, Australia e Giappone. Nonostante i costi (variabili, a seconda del Paese e dell’entità dei sussidi statali), gli indici di gradimento sono alti anche in Europa: i campus in Gran Bretagna e in Germania erogano da soli circa il 30 per cento dell’intera offerta didattica. Il motivo del successo è da ricercarsi nella richiesta di molteplici figure nel settore della ristorazione; nonché nel forte ricambio interno all’interno della stessa azienda. Alta specializzazione e ottime prospettive occupazionali non costituiscono, da sole, il prestigio delle Hamburger Universities: è stato necessario inoltre reinvestire gli introiti in pacchetti formativi interdisciplinari e in una didattica attenta all’etica del lavoro e della produzione.
In altre parole, le scuole si sono dovute aggiornare alla nuova immagine dell’azienda, che nell’ultimo decennio ha basato la propria comunicazione sul miglioramento delle condizioni lavorative dei dipendenti e sull’introduzione di alimenti più salutari nei menù. Fatta salva l’attenzione – quantomeno dichiarata – per il territorio e le culture locali, il modello accademico è mutuato dalla sede centrale di Chicago ed è di assoluta eccellenza. Accanto alle aule interattive, veri e propri laboratori simulano per gli studenti la realtà delle cucine e delle sedi amministrative di McDonald’s. La verifica dell’apprendimento è affidata a progetti di lavoro: si coopera in squadra e, per favorire il confronto tra gli aspiranti manager sulle strategie aziendali, le lezioni frontali sono abbinate a videoconferenze internazionali.
L’ingresso è riservato a un numero massimo di candidati, cui si richiede la frequenza obbligatoria e la disponibilità ai trasferimenti. Non si studia solo marketing: tra le materie, erogate in 28 lingue, gli studenti affrontano «Sicurezza alimentare», «Comunicazione aziendale», «Gestione del gruppo», «Controllo di qualità» e «Relazione con la clientela». Il percorso formativo è strutturato su diversi livelli: oltre alla soluzione di casi di studio proiettati in diretta video durante le lezioni, gli ammessi sono coinvolti in periodi di affiancamento alle risorse umane già presenti in McDonald’s.
Dal 2010 anche l’Italia diventa sede di un master dell’Università McDonald’s: a Parma l’ateneo inaugura il Corso di alta formazione destinato agli aspiranti direttori di ristoranti McDonald’s in Italia. Un percorso manageriale attivo, consolidato dallo stage aziendale e riservato a 20 alunni per anno. Le aspettative degli studenti italiani sono calibrate su quelle dei colleghi europei: anzi, grazie alle politiche di assunzione attuate dall’azienda in una prospettiva internazionale, molti potranno addirittura puntare oltre. Nel quadro della crisi economica globale, la reazione di McDonald’s alla frattura del mercato del lavoro è analoga a quella di molte aziende: offrire a pochi “meritevoli” una formazione costosa e altamente specialistica e, contestualmente, richiedere figure professionali sempre più qualificate. Ma l’applicazione su larga scala di logiche così privatistiche appare già oggi socialmente insostenibile.
Le immagini: in apertura, da jeffreyw; all’interno del testo, da http://www.tumblr.com/ e da http://dalestevens.blogspot.it/.
Chiara Iaquinta
(LucidaMente, anno VIII, n. 89, maggio 2013)
Ma proprio in Emilia dovevono mettere quest’orrore? La patria del buon gusto alimentare e dello “slow food” costretta a convivere con l'”Università” del “fast food”. Sembra uno scherzo di cattivo gusto!
Sara
Una vera e propria full immersion nella cultura rurale ed enogastronomica pugliese: arrivati lunedì pomeriggio gli studenti del master sono entrati subito nel vivo visitando Alberobello, Locorotondo e Cisternino “città slow “ con cena in un caratteristico Fornello nel borgo antico. Martedì giornata dedicata alla visita di Torre Guaceto e Serranova con degustazione di formaggi della Comunità del cibo di S. Vito dei Normanni, visita del Parco delle dune costiere, del Museo della civiltà rupestre e di un frantoio ipogeo prima di dirigersi alla volta di Polignano e successivamente a Mola di Bari per visita al mercato del pesce e cena a Savelletri. Mercoledì giornata dedicata alla zona di Martina Franca ed alla conoscenza delle norcinerie che preparano il famoso capocollo (Presidio Slow Food), visita di una masseria murgiana, della città di Castellana Grotte con cena conclusiva a Noci. Giovedì: visita di un caseificio per la famosa burrata di Andria, della cantine del territorio, di Castel del Monte, del Museo dell’olio presso l’Azienda bioagrituristica Terre di Traiano e cena in una Masseria a Minervino Murge, contrassegnata dalla chiocciolina di Slow Food. Venerdì: prima ad Andria con visita dell’orto di Montegrosso, visita di una azienda Biologica, in serata visita della splendida città di Trani. Sabato prima di partire visita di un Mulino a Corato.