Preziose le forme e i messaggi della “doppia” silloge “Anteprime in ombra” (Kairós Edizioni) di Franco Santamaria
È freschissimo di stampa un volumetto di poesie di piccolo formato, graficamente ben curato e di valore sia per le forme espressive che per i contenuti ideali. Stiamo parlando di Anteprime in ombra (Prefazione di Antonio Spagnuolo, Kairós Edizioni, pp. 108, € 10,00) di Franco Santamaria, scrittore e pittore nato a Tursi (Matera) e residente a Poviglio (Reggio Emilia).
In realtà la pubblicazione comprende due sillogi. La prima (La mia valle non è l’Eden) è costituita dalle poesie dell’autore andate distrutte in un incendio nel 1995 e recuperate tra vecchie carte. La seconda (Primo Lievito) è la ristampa della raccolta edita nel 1964 da Gastaldi. Il nuovo libro include vari contributi critici, vecchi e nuovi (Ferdinando Santoro, Nereo Vicari, Benito Lecce e Luigi Daga), e, soprattutto, una bella Prefazione di Antonio Spagnuolo, che afferma: «Nell’oscillazione tra finito e relativo, tra materia e psiche, tra intelletto e sentimenti, tra illusione e folgorazione, Franco Santamaria cerca radici lontane e pur contemporanee, in una equilibrata armonia dello scrivere, caratterizzando l’accento di una memoria che fornisce al vissuto personale il ricchissimo caleidoscopio del verso». Non possiamo che condividere tale lusinghiero giudizio.
La poesia di Santamaria, sempre vivida e avvolgente, sovente si sviluppa tra una natura arcana e arcaica, spesso persistente e spietata (Non muta sue leggi il vento), l’impegno civile (Resistiamo!), il visionario ai limiti con l’apocalittico (Un fiume di morte), l’esistenziale (Non conosco me, la sera). Alti i riferimenti: Giacomo Leopardi, Giovanni Pascoli, Eugenio Montale. Per gentile concessione dell’autore, riproduciamo di seguito le quattro poesie appena citate.
Nel cielo della valle accampano torme di tuoni e lampi. S’appaura l’inerme abbraccio di alberi perché marcirono i fiori nel sogno lontano. Non muta sue leggi il vento, non si sazia mai: gelido beffardo nelle case risospinge il fumo dal caminoacre di fuoco di paglia.
Resistiamo!
Padre, è tardi, le stelle sono dietro il muro della lunga notte. Di loro mi parlasti un tempo col dito esangue verso l’alto, nostro scanno il moncherino del pero sull’aia stroncato dal vento. È tardi: non ha fondo questa lunga notte? Ha fondo questa nera notte, ventre di caverna abissale ove padri e figli precipitano bocconi. Resistiamo, figlio, per un nuovo giornocontro questa notte barbara!
Su polveri di luce notturna il gelo si fonde a terrore. Corse veloci nei vicoli di piazza deserta, affanno che eviti il fiume di morte. Ogni notte. All’alba, beccano uccellial fiume esploso di sangue.
Non conosco me, la sera
Quand’è sera, che nero muro eleva, non so rimandare riemersi affanni, non so dire cos’è propriamente la mia vita. Non conosco me, la sera: stringo a monte la luce che si sotterra e la foschia che germina nella valle. Mulinano le ruote e il loro stridore dura la notte; non v’è pace tra gli uomini,ma là, oltre la valle, pregano i morti.
(da Franco Santamaria, Anteprime in ombra, Kairós Edizioni, Napoi, 2013, pp. 18, 22, 43, 78)
Le immagini: la copertina della nuova pubblicazione di Franco Santamaria, il poeta e il suo dipinto Antico steccato (1990, 30×40, olio su tela).
(e.s.)
(LucidaMente, anno VIII, n. 87, marzo 2013)