Il 6 dicembre esce “Walking Mountains” (40033 records): un lavoro di pura elettronica, per rappresentare la «modernità malata dei nostri tempi»
Ci troviamo in una sala d’attesa di un aeroporto, o di una grande stazione, o in un assurdo centro commerciale. Luci al neon rendono la realtà incomprensibile, grottescamente metafisica. Tutto intorno plastica e inautenticità. Nulla di naturale, nulla di umano. Insomma, siamo in uno dei tanti non-luoghi della nostra contemporaneità. Siamo circondati da una galassia disordinata di suoni: dissonanze si mescolano ad armonie, suoni della quotidianità a vocio umano. Lingue sconosciute, o lingue straniere a noi ben note, ma pronunciate con strani accenti. Tutto è frammentato/frammentario.
Il sottofondo più adatto a tutto questo, a rappresentare il caos vitale della nostra epoca, è il pop malvagio di Walking Mountains, in uscita il prossimo 6 dicembre per l’etichetta 40033 records. Un progetto che ha richiesto un anno e mezzo di fatiche e il cui protagonista è Bartolomeo Sailer, già Wang Inc., da Vipiteno a Bologna, uno dei più significativi rappresentanti della scena elettronica italiana. Nella migliore tradizione elettronica, il lavoro è stato realizzato quasi interamente al computer, con voci, con pochi synth e una linea di basso suonati esternamente. Hanno collaborato Vincenzo Vasi, che ha prestato la voce in Ⓐ, Huang Li Chieh, giovane artista taiwanese, che ha letto le parole di Mao Tze Dong in Intro, mentre Enzo Casucci ha suonato i sax di The Dominant Class.
I tredici brani dell’album si muovono tra il progressive, la psichedelia, il kraut rock più cattivo, ma soprattutto tra Brian Eno e un Ambient acido. Molto acido. È lo stesso Sailer a “spiegarci” alcuni dei “pezzi” contenuti in Walking Mountains: in ordine cronologico «il primo lavoro scritto è stato No Poetry, lunga suite che rappresentava appieno il mio disagio interiore oltre alla mia volontà sonica. Self Immolation parla di combustione umana e un po’ tutto il significato musicale del brano è contenuto nel breve testo iniziale: ho deciso di usare anche il famoso grido femminile panarabo, che ero riuscito a registrare in un commovente workshop a Marsiglia, dove ho conosciuto donne arabe stupende, che vivevano in uno dei quartieri più degradati della città vecchia».
Riferimenti artistici, riprese, rimandi? Spiega ancora il demiurgo di Walking Mountains: «Orange sky vuole essere una ballata tomwaitsiana, che descrive l’affascinante fenomeno dei cieli arancioni sopra le metropoli notturne, quando vi sono molte nuvole. Un inno alla modernità malata dei nostri tempi, quando le luci di autostrade, aereoporti o piazze cambiano radicalmente il nostro paesaggio. The ballad of the precarious worker («I’m thirty one / I’m, told I’m young / I live with mom / I’ve got no job / I live no life / I have no love / I make no child / […] / and I have no, no / future», ndr) è un brano che riprende un tema che avevo già affrontato come Wang inc.: allora il brano si chiamava Chain Worker e venne diffuso in una compilation distribuita con The Wire. Ai tempi il problema era la spersonalizzazione del lavoratore che lavorava per le grandi catene di marchi; oggi invece vuole essere un inno alle donne e agli uomini che nonostante tutto sopravvivono al precariato. Odysseia Book 12 è una lunga suite psichedelica in cui viene raccontato in musica il libro 12 dell’Odissea, nel quale Ulisse, lasciata Circe, affronta le sirene, passa per Scilla e Cariddi ed evita le pietre rotolanti».
Ora siamo su un aereo, o viaggiamo su un velocissimo treno. «Chi sa dove, chi sa dove!», direbbe un improbabile D’Annunzio del XXI secolo. Nel frattempo ci giungono messaggi stereotipati accanto a news di rivolte/rivoluzioni, colletti bianchi e sangue nelle strade, occupazioni/disoccupazioni globali, precari senza futuro e privilegiati impudichi. L’Occidente europeo crolla. Disperazione e amore, amori disperati. E non sappiamo più se la Terra esista ancora. Intanto, in attesa dell’uscita ufficiale, la Casa di produzione Basmati (Saul Saguatti, Audrey CoÏaniz) ha realizzato un videoclip da Holding Back. Per vederlo: http://vimeo.com/50980117. Insomma, le montagne stanno camminando.
Rino Tripodi
(Lucidamente, anno VII, n. 84, dicembre 2012)