Due modi opposti di vedere la Chiesa: la voce di don Farinella ospitata su “MicroMega”
Probabilmente esistono tante, tantissime forme di cristianesimo, incarnate da figure religiose lontane le une dalle altre. Fin dall’inizio, Paolo di Tarso sembra scostarsi dalla dottrina di Gesù. In seguito, solo per fare un esempio, cosa accomuna il messaggio di povertà, di pace e di amore di Francesco d’Assisi all’intolleranza assassina dell’Inquisizione? I papi: cos’hanno in comune Giovanni XXIII o Giovanni Paolo I con Innocenzo VIII o Alessandro VI?
Allo stesso modo, oggigiorno preti come Luigi Ciotti, Paolo Farinella, Andrea Gallo, Alex Zanotelli e, in ambito bolognese, Benito Fusco e Giovanni Nicolini, sembrano appartenere a un altro credo, a un’altra fede, o, perlomeno, esprimere un modo diversissimo di interpretare il messaggio evangelico rispetto a Joseph Alois Ratzinger e agli alti prelati del Vaticano.
Nel passato chi dissentiva dal potere “cattolicista”, o comunque non era in perfetta sintonia con la sua visione del mondo, veniva considerato eretico (vedi Pietro Valdo) e finiva male (Tommaso Campanella, Giordano Bruno, Galileo Galilei e migliaia di altri). Ma, al momento, la Chiesa cattolica non è più in grado di “celebrare” audafé per i dissidenti. Si limita a “molestarli”.
Così, sul finire del 2006, don Nicolini è stato duramente criticato dal settimanale diocesano Bologna Sette per un’intervista rilasciata a l’Unità del 14 dicembre 2006, all’interno della quale si era dichiarato favorevole a una legge a tutela di tutte le convivenze stabili affermando, a proposito delle convivenze omosessuali, che, anche alla luce della fede cristiana, «non ci possono essere persone ignorate o svantaggiate a priori». Nel 2009 fra’ Benito Fusco è stato “cacciato” dall’Eremo di Ronzano, destinazione una parrocchia di Budrio. Nell’estate 2009 don Paolo Farinella, parroco della chiesa di San Torpete (Genova), si è espresso pubblicamente, con altri quaranta prelati, in favore del testamento biologico e delle scelte sul fine vita. Per questo motivo la Congregazione per la Dottrina della Fede ha richiamato i vescovi diretti superiori dei predetti prelati e il cardinale Bagnasco ha convocato il 7 agosto 2009 don Farinella chiedendogli una «difesa» scritta delle sue posizioni, che potrebbero portarlo fino alla sospensione a divinis.
Tuttavia, don Paolo non demorde e lunedì 20 dicembre 2010, sul sito di MicroMega, è apparso un suo scritto sulle contraddizioni tra posizioni e comportamenti delle gerarchie vaticane e un’etica di base che definiremmo non solo cristiana ma civilmente condivisibile da tutti i cittadini. Lo riportiamo di seguito, con poche modifiche, essenzialmente di carattere grafico.
Il cardinale Angelo Bagnasco ha rilasciato un’intervista a la Repubblica, raccolta da Marco Ansaldo e pubblicata domenica 19 dicembre 2010 a pagina 13. Una valutazione globale: povertà di argomenti, triti e ritriti e incapacità del giornalista di porre le domande circostanziate con fatti e dichiarazioni, esattamente contrarie alle dichiarazioni del cardinale. In alcuni momenti si ha la sensazione che il giornalista sia accondiscendente oltre misura perché afferma di riportare «la completezza con cui [il cardinale] risponde, nell’intervista concessa a la Repubblica, a tutte le domande. Senza sottrarsi a quelle più scomode». Non ho letto domande scomode, semmai banali. Viene il sospetto che l’intervista non sia stata concessa dal vivo, ma per scritto: il cardinale ha risposto a tavolino alle domande inviate preventivamente dal giornalista.
Sin dal titolo («La Chiesa non fa politica ma sui valori dei cattolici non si tratta») cadono le braccia e si ha la certezza che i porporato e i suoi pari vivano sulla luna o siano soliti sniffare incenso che gli annebbia la vista e la logica. Se il continuo interventismo cardinalizio e papale non è politica – e dei bassifondi, per giunta – mi chiedo come si possa ragionare con questa gente che nega anche l’evidenza. Mi chiedo se le cattive frequentazioni di uomini perversi e bugiardi che fondano la loro azione sulla falsità strutturata come sistema e metodo politico non abbiano influenzato sua eminenza fino al punto da fargli assimilare lo stravolgimento non solo della verità, ma dei fatti crudi e nudi da non rendersene conto. Occorre una lunga terapia disintossicante perché il virus del berlusconismo ha avuto il sopravvento sull’aspersorio. Dice il cardinale con candore inverosimile: «La Chiesa non è un’agenzia politica chiamata a prendere parte alla battaglia dei partiti. Il suo compito è quello di annunciare la salvezza di Cristo e quindi di elevare la coscienza morale e spirituale della società, rendendo Dio presente nello spazio pubblico». In due frasi di 23 parole (senza contare articoli, preposizioni e congiunzioni) si trovano 5 affermazioni anche erronee, se non false. L’errore di fondo (vero peccato originale) è l’attribuzione alla sola Gerarchia della valenza teologica di «Chiesa»: è una attribuzione indebita ed errata in termini puramente teologici. Direi che è una usurpazione. Se un teologo del primo anno agli esami facesse una simile affermazione verrebbe bocciato e rimandato a casa perché inadatto al ministero pastorale. Secondo, se la «Chiesa» non è un’agenzia politica, può spiegare sua eminenza cosa ci faceva Berlusconi e Letta a colazione con Ruini, manovrando le elezioni politiche della Regione Lazio?
Può dire in nome di quale «principio non negoziabile» il segretario di Stato Bertone decide di andare a cena con Berlusconi, Letta, Casini, Geronzi, Draghi, di notte e quasi di nascosto a casa di Bruno Vespa, noto maggiordomo a libro paga, per convincere Casini ad entrare nel governo Berlusconi? Può dire sua eminenza, di grazia, se era politico o no, il pranzo innaturale che Berlusconi e Letta (più mezzo governo di complemento, tra cui spiccano, Giustizia, Scuola/Università e Economia) offrono ai nuovi cardinali sfornati freschi e a cui partecipa il segretario di Stato, ma non il presidente della Cei? Se sono cardinali italiani, che c’entra il segretario di Stato? A meno che le fusa tra B&B (Bertone&Berlusconi) non fossero l’obiettivo principe di quel convivio debosciato. Il delinquente Berlusconi che giura coram cardinalibus «mai nulla contro il Vaticano» e il suo compare Bertone che risponde: «Il governo ha operato bene a favore della Chiesa». S’ode a destra uno squillo di tromba, a superdestra uno squillo risponde. Il cardinale arriva a compromettersi perché dichiara che «compito della “Chiesa” è quello di annunciare la salvezza di Cristo». Agli occhi della maggior parte degli osservatori, anche dei lattanti non ancora svezzati, non appare affatto questo compito, per cui si dovrebbe dire il cardinale «aspirerebbe» a un compito che è lontano mille miglia dalle sue azioni concrete che mirano a raggiungere obiettivi terreni e materialissimi. Lo stesso vale per l’altro compito: «elevare la coscienza morale e spirituale della società».
Che bello! Con quale morale, se è lecito! Con quella di Berlusconi come individuo e come uomo pubblico? Con quella dell’economia a favore solo dei ricchi? Con la morale dello scudo fiscale che premia i corrotti, le mafie, gli evasori, i puttanieri e i riciclatori di proventi da droga e omicidi e furti ed evasione fiscale? Con quale morale? Con quella «bene comune» – che il cardinale pone in testa alla sua etica – calpestato impunemente da 39 leggi individuali volute dall’uomo che ha scardinato l’unità del Paese e il senso della legalità per mettere al sicuro tutte le sue immoralità etiche ed economiche? Si vede che un muro di incenso impedisce al cardinale di vedere oltre perché ha gli occhiali appannati. Se è vero che «l’anima della nostra gente, che nasce dal Vangelo, è stata “terremotata” dal relativismo e dal consumismo», può, per piacere, il signor cardinale chiamare «per nome» il terremoto? Non è forse la politica ammaliatrice e degenere di Berlusconi e del suo governo, composto da ricercati, indagati, corrotti come lui, che ha diffuso il relativismo e il consumismo in cui il berlusconismo ha piombato il nostro Paese? Questi fenomeni li ha portati la cicogna, che non ha usato il preservativo, o sono il frutto dell’uso spregiudicato e puramente commerciale e politico delle tv private e pubbliche che sono di un solo uomo, cioè il signor presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, uomo corrotto e corruttore e bugiardo, «a planta pedis usque da verticem capitis»? È sicuro sua eminenza di essere sano di mente mentre parla di morale e nel frattempo elogia la governabilità del governo Berlusconi? Non dovrebbe forse andare a confessarsi per la palese peccaminosità delle sue asserzioni che o sono blasfeme o sono false?
Il cardinale poi fa l’elenco dei «principi non negoziabili» che sono sempre gli stessi e sempre nello stesso ordine: «la vita, la famiglia, la libertà di educazione e ancor prima quella religiosa». Quattro valori per i quali vale la pena vendersi l’anima anche al demonio che abita Berlusconi? Questi «principi» dovrebbero essere garantiti dall’unto del Signore che ha posto la tenda ad Arcore e i pascoli in Italia a spese degli Italiani. O il cardinale è un illuso, o è un trafficone trafficante. Decida lui. Sicuramente non si nutre di illusioni. La vita. Mi auguro che il cardinale non si riferisca a quella degli immigrati venduti alla Libia perché muoiano ammazzati, letteralmente ammazzati, nel deserto, lontani da occhi indiscreti europei. La famiglia, mi auguro che non si riferisca alla doppia di Berlusconi e tanto meno all’abituale commercio di minorenni e prostitute a cui l’uomo è aduso e per giunta orgoglioso: «Gli Italiani mi vogliono così». Poverino, si sacrifica sempre! Libertà di educazione. Si spera che il cardinale non si riferisca alla distruzione dell’educazione scolastica pubblica che ha portato il mondo giovanile e studentesco in piazza contro una ministra imbelle che si trova in parlamento per meriti non certo culturali e per competenza. Sarebbe bello che il cardinale chiedesse alla cattolica ministra: «Signora, mi può dire come mai il presidente ha tanto affetto per lei tanto da farla ministra, pur non avendone né le caratteristiche né la competenza»?
Riguardo all’accenno dell’8 per mille che il cardinale chiede a credenti e non credenti in nome della provvisorietà della Chiesa, è sufficiente che sua eminenza compulsi il Ministero dell’economia e si faccia dire qual è il trend degli ultimi anni: scoprirebbe che c’è un calo abissale e una diminuzione costante delle offerte deducibili. La causa prima e «princeps» è il comportamento della gerarchia cattolica che, tramite Berlusconi, ha messo le mani sul Parlamento, imponendo le leggi conformi alla sua morale ed esautorando lo Stato italiano dalla sua sovranità. È finito il potere temporale come possesso materiale di territorio fisico, si è decuplicato il possesso immateriale dello Stato, estendendo il potere temporale, più raffinato e demagogico, sulle leggi e sulla convivenza civile. L’Italia non è una repubblica autonoma, ma l’orto di servizio dello stato estero, la Città del Vaticano con cui un corrotto presidente del Consiglio ha stipulato un contratto di mutua assistenza, vendendo la dignità di un popolo al prezzo immorale del sostegno al suo potere.
È deprimente che il cardinale accanto ai «principi non negoziabili» di suo interesse non abbia sentito il pudore di aggiungere altri «principi civili non negoziabili» come il principio della democrazia contro cui è stata varata la legge elettorale, il principio dell’autonomia del parlamento conculcato e vilipeso dal possesso ingordo del governo, il principio dell’onestà e del decoro di chi governa che il presidente de Consiglio e i suoi giannizzeri offendono ogni giorno 24 su 24 ore, il principio dell’unità d’Italia maciullato dall’insano connubio Berlusconi-Bossi che a tutto mirano tranne che ad un qualche valore, il principio della sacralità del giudizio davanti al proprio giudice naturale che Berlusconi violenta facendosi leggi su misura pur di fuggire lontano da un’aula di tribunale, il principio del rispetto delle opposizioni e delle minoranze, garanzie di democrazia costituzionale e sostanziale/materiale, il principio del lavoro come diritto innato e naturale contro la politica economica di Berlusconi/Tremonti che creano precariato per dominare le coscienze e infine il principio che il potere non è dominio, ma servizio libero e gratuito, mentre Berlusconi e i suoi lanzichenecchi stanno devastando il devastabile e in più si sono appropriati del futuro delle prossime generazioni, che non avranno lacrime per piangere e tanto meno per vivere da persone libere. Se tutto questo non è fare politica, allora vuol dire che è solo complicità consapevole con il male che il cardinale non vede o non vuole vedere.
(Da Paolo Farinella, Chiesa e politica, tutte le menzogne del cardinal Bagnasco, da MicroMega on line, per gentile concessione della rivista).
L’immagine: particolare de Il cardinale Camillo Astalli (1651, olio su tela, New York, The hispanic society of America), di Diego Velázquez (Siviglia, 6 giugno 1599 – Madrid, 6 agosto 1660).
Rino Tripodi
(LM MAGAZINE n. 14, 15 gennaio 2011, supplemento a LucidaMente, anno VI, n. 61, gennaio 2011)