Due recenti scritti di Marco Santagata, editi da il Mulino e da Mondadori, ci forniscono un’immagine inedita del Sommo Poeta, differente da quella prevalente nella critica letteraria tradizionale
Dante pensa e riflette da medievale, mentre agisce e procede in letteratura da intellettuale moderno, avanzato e innovatore. Il grande poeta fiorentino costruisce i suoi testi in modo da restare il fulcro intorno al quale struttura e organizza la narrazione; con attenzione e cura meticolosa da cesellatore della scrittura sviluppa, così, processi retorici di alto livello e soluzioni da profeta biblico. Questa persuasione e fascinazione è riscontrabile anche in opere di natura linguistica e teorica, come nel caso del De vulgari eloquentia e del Convivio. Ma sono proprio questo egocentrismo e questa smania di stare sotto i riflettori (alimentati dalle qualità e dalle competenze somme) a consentire all’Alighieri l’evoluzione culturale che lo porterà dal mito al profetismo, dalla poesia alla teologia. Ed ecco che il particolare si universalizza nel percorso escatologico della vita e della letteratura.
Marco Santagata, critico letterario e ordinario di Letteratura italiana all’Università di Pisa, nel saggio dedicato al grande poeta fiorentino L’Io e il mondo. Un’interpretazione di Dante (il Mulino, pp. 436, € 36,00), ricostruisce il percorso biografico-letterario dello scrittore toscano e, con perizia e analisi critica, penetra all’interno dell’officina dantesca per svelarne le tecniche di laboratorio e di messa a punto delle funzionalità letterarie. Si rivela, così, un Dante moderno, contemporaneo per certi versi (pur restando fortemente inserito all’interno delle Weltanschauungen medievali). Un Dante che lavora con tecniche da scrittore professionista (non nel senso economico, naturalmente): adatta, sistema, riscrive, «mistifica» (come già ebbe a dire Ernst Curtius) il reale per far uscire dal suo laboratorio una struttura letteraria costruita con pezzi assolutamente autentici. Viene in mente il modo di lavorare dei grandi scrittori del Novecento: per esempio, D’Annunzio, Pascoli e le avanguardie successive.
Da questa “forma mentis” avanzatissima scaturisce un’opera sistematica, organica, assolutamente nuova. Ascoltiamo Santagata: «Dante ha una mente sistematica, mira all’organicità e alla coerenza. Il tratto che più di ogni altro lo definisce è la capacità di salire da dati di esperienza specifici e particolari a livelli di generalizzazioni sempre più alti. Se intellettuale non è solo chi vive dei frutti del proprio ingegno, ma anche chi si interroga sul senso del proprio operare, allora questa moderna etichetta può essere applicata legittimamente anche a una tipica figura premoderna come quella di Dante, “cliente” di potenti e “dilettante” della cultura, lontano dai fastigi universitari di un Cino da Pistoia e neppure sfiorato dal prestigio sociale che, di lì a poco, avrebbe arriso ai nuovi umanisti alla Petrarca».
Il fattore unitario di gran lunga più importante è la figura del personaggio Dante. Segnali inequivocabili disseminati nelle testure dantesche certificano che l’identità dell’attore protagonista – presente da un testo ad un altro della sua produzione – non è soltanto anagrafica, ma è anche morale, sentimentale e culturale. Si struttura così un arcipersonaggio Dante che tesse echi e fitti richiami in una rete di intertestualità interna ed esterna, dove l’io autobiografico va investendosi sempre più di universalismo biblico e profetico, pur rimanendo allo stesso tempo nell’alveo della pura cronaca e attualità contemporanea (una sorta di istant book dei nostri giorni).
Eppure del più grande scrittore italiano sappiamo poco, poiché molti momenti della sua vita sono avvolti da numerose zone d’ombra e misteri, e così anche alcune opere rimangono incerte (per vari accidenti della vita): le Rime dubbie, L’epistola a Cangrande e, soprattutto, i due poemetti anepigrafi Il Fiore e il Detto d’amore, pubblicati in Italia nel 1922 da Giacomo Parodi e definiti «attribuibili» a Dante dal grande e indimenticato Gianfranco Contini. Nella biografia Dante. Il romanzo della sua vita (Mondadori, pp. 468, € 22,00), Marco Santagata ricostruisce con minuzia storica la vita del poeta e intellettuale fiorentino, e lo fa con grande freschezza narrativa e puntualità critica.
Il “romanzo della sua vita” ci racconta la storia della tormentata e difficile esistenza di un uomo dall’io smisurato, dalla personalità egocentrica e protagonistica, un uomo assolutamente non comune e predestinato sin dalla nascita a essere diverso dagli altri. In moltissimi episodi importanti della sua vita Dante ha trovato e letto segni di un destino ineluttabile, fino a raggiungere la convinzione di essere stato scelto da Dio per condurre in salvo l’umanità. E così si delinea anche un Dante immerso nella complessa vita politica della città, calato nelle strutture pubbliche del tardo Duecento e dei primi anni del Trecento, inserito e coinvolto nelle guerre tra Guelfi e Ghibellini e nelle lotte intestine tra Bianchi e Neri.
Nella biografia di Santagata tornano sotto analisi le principali opere dantesche quali Vita Nova, Convivio, De vulgari eloquentia, Monarchia e Commedia, per poi ricomporre un Dante ideologicamente distante dai tempi coevi (avanguardista in letteratura e conservatore in politica), un uomo ancora fortemente legato al mito dell’Impero (oramai inattuale) e un intellettuale tormentato in seria difficoltà nel comprendere come la sua Firenze non potesse, per varie ragioni, prescindere dal papato. In questo romanzo biografico – del tutto nuovo nel panorama della biografia dantesca – l’Alighieri non è soltanto il filosofo, il poeta, l’uomo di partito e di corte. L’autore mette in luce quanto fin’ora rimasto in ombra nel panorama intimistico: la figura del padre di famiglia che ritrova i figli anche in esilio, del virtuoso di musica e dell’appassionato esperto di pittura e di tecniche cromatiche. Un’immagine nuova e differente da quella che la vulgata fin qui trasmessaci ci ha restituito.
Santagata scrive con la competenza dello storico della letteratura, analizza e commenta con la perizia tecnica del critico del testo, racconta “il romanzo di Dante” attraverso una narrazione avvincente da romanziere navigato e appassionato. E così arte e vita si fondono e si confondono tra mitologia e realtà, tra finzione poetica e verità romanzesca, tra attualità incalzante e senso ultimo dell’uomo nel mondo e nella trascendenza della dimensione cristiana.
L’immagine: le copertine dei libri di Santagata e il sommo poeta.
Marco Cappadonia Mastrolorenzi
(LucidaMente, anno VII, n. 82, ottobre 2012)