Ausilio Bertoli racconta il Kosovo nel suo nuovo romanzo “L’amore altro”, edito da Besa editrice
Un romanzo multicolore quello di Ausilio Bertoli, L’amore altro. Un’odissea nel Kosovo (Besa editrice, pp. 100, € 12,00). Una vicenda intricata, ricca di colpi di scena, di violenza, di morte, di distruzione, di disperazione. Un luogo caldo, difficile, sofferente, teatro perfetto per queste scene. Due protagonisti, Boris e Giulia, entrambi veneti, che si recano a Prizren Bras, in Kosovo, a trovare Clizia, sorella di Giulia, medico volontario all’ospedale dell’International Assistance. I personaggi principali della vicenda vogliono fuggire dalla monotonia della provincia, cercare nuovi stimoli e orizzonti inesplorati. Rappresentano l’uomo italiano, annoiato, sazio del proprio benessere, che vuole colmare un senso di vuoto ingestibile, e quindi a un tratto si sveglia, cambia, capisce, e si trasforma. E trova nell’amore la sua speranza, la sua certezza.
Giulia si innamora di Boris che si innamora di Arifa, l’infermiera kosovara di Clizia. Ma c’è anche un altro amore protagonista. Un amore diverso, immateriale, spirituale, staccato dal possesso e dall’ego; un amore nuovo, ma allo stesso tempo atavico, che Giulia ha conservato sempre dentro sé e che riesce a tirar fuori solo a un certo punto della sua vita. Quel punto, il punto di svolta. Un amore altruista, insomma, umanitario, ottimista. Un amore altro.
Proponiamo un dialogo tra Boris e Arifa, che rende bene l’idea di fondo del libro, il bisogno di cambiamento, di reazione che un paese sebbene stremato conserva entro se stesso.
Alla brezza si era sostituito un vento prepotente: ripuliva le strade, i palazzi, le catapecchie, gli alveari umani alti fino a dieci dodici piani, sopravvissuti ai bombardamenti o rappezzati di recente, e sferzava gli alberi e i cartelli delle insegne.
«Chissà che spazzi anche la tristezza che impregna ogni cosa», dissi transitando davanti alla stazione di polizia, ai bordi del centro antico. «La tristezza dici? Adesso non la si percepisce più, è stata spazzata via dai giovani», commentò Arifa. «Adesso si respira un’aria diversa. I giovani hanno imparato a rimuovere il passato, a credere che non sia mai esistito».
«I giovani adesso guardano a un mondo senza confini né conflitti, un mondo libero e giusto, mai conosciuto finora nel Kosovo ma nemmeno nell’Europa intera», riprese Arifa. «Saranno degli illusi, dei… topisti, però senza un poco di topia il cambiamento non verrà mai realizzato. Resterà sempre sulla carta».
L’immagine: la copertina del libro di Ausilio Bertoli.
Simone Jacca
(Lucidamente, anno V, n. 57, settembre 2010)