Nella laguna yucateca sorge un paesino “poco turistico” che non vive solamente di pesca…
Rio Lagartos, Messico. Prima di ripartire per l’Italia, dopo un tour di tre settimane in giro per il paese, decidiamo di riposarci in una piccola località di mare, tranquilla: qualche abitante, nessun turista, eccetto noi quattro. Spiagge bianche, lagune con fenicotteri, capanne sul mare. Sembra di essere i protagonisti di un film.
Alloggiamo in una delle cabanas lungo il mare. Qualcuno di noi, a turno, dovrà dormire sull’amaca, perché non ci sono letti per tutti. Pavimento in terra battuta e orizzonte da favola attraverso la finestra. Decidiamo di visitare subito la laguna in barca. Il bagno al mare lo rimandiamo al giorno successivo. Quelle canne altissime, lungo le isolette, richiamano immediatamente la nostra attenzione. Il pescatore che ci accompagna ci spiega che sono funzionali alla coltivazione della marijuana: essendo abbastanza alte, la nascondono. Il paesino non vive solamente grazie al turismo, dal momento che i visitatori sono praticamente assenti. Ma ingenuamente si sarebbe potuto pensare che il sostentamento degli abitanti venisse dalla pesca.
Lo stesso pescatore ci propone per il giorno successivo di accompagnarci in una spiaggia raggiungibile solamente in barca, poco frequentata, dove avremmo potuto rilassarci e godere del sole e del mare messicani. Effettivamente sembra aver ragione. Sbarchiamo in questa spiaggia deserta dalla sabbia bianchissima. Tutta per noi. Strano che ci sia un bar aperto e attrezzato con amache per la siesta all’ombra di una tettoia; stona in un lido così poco frequentato anche nel periodo di alta stagione, sia per noi italiani, sia per i messicani. Concordiamo con il nostro “accompagnatore” un orario nel quale potrebbe tornare a prenderci. Quando lui si allontana, ci tuffiamo in mare, cristallino come una piscina. Ottimo luogo per oziare in tranquillità. Verso l’ora di pranzo arrivano delle barche che scaricano due famiglie in quella che pensavamo fosse la nostra spiaggetta. I bambini si gettano subito in mare, le madri li sorvegliano sulla riva, mentre i due uomini si sdraiano sulle amache sorseggiando un cocktail. Nonostante gli schiamazzi dei bambini, il luogo rimane comunque un piccolo paradiso.
Nel primo pomeriggio decidiamo di pranzare. Ci avviciniamo al bar, dove inizia la socializzazione con le due famiglie messicane. A quell’epoca non comprendevo ancora bene lo spagnolo, perciò mi sfuggono diverse parti del discorso. Dopo le prime presentazioni di circostanza, la conversazione prende una piega inaspettata. Noi siamo in quattro, due ragazzi e due ragazze. Erroneamente pensano che siamo due coppie. Uno dei due uomini propone uno scambio, prima di donne e poi d’affari. I nostri amici spiegano che non siamo fidanzati e vorrebbero placare il machismo che si sta respirando sotto la tettoia, ma si rendono conto che sarebbe inutile. Quando capiscono che non ci avrebbero mai scambiate con le loro donne, riformulano la proposta. In cambio delle loro donne, i nostri due amici avrebbero potuto fare da galoppini in giro per il paese. Trasporto di droga in cambio delle loro mogli. I due ragazzi rispondono che dopo qualche giorno sarebbero ripartiti per l’Italia, e perciò devono declinare l’offerta.
Il pensiero principale in quei momenti era rivolto al pescatore, nella speranza che ricomparisse da un momento all’altro e ci riportasse in paese. La sera, per le strade, occhi bassi e passi lunghi, per evitare chiunque incrociassimo sul nostro cammino. A parte il maschilismo e la droga, mentre facevamo la siesta sulle amache, ricordo che, “per rompere il ghiaccio”, ci hanno raccontato che in ogni casa messicana c’è un’amaca matrimoniale, luogo prediletto dalle coppie messicane per concepire i figli. E non ci hanno risparmiato i particolari delle posizioni nelle quali fanno l’amore su di essa…
L’immagine: cabanas e fenicotteri rosa in riva al mare a Rio Lagartos.
Francesca Gavio
(LM MAGAZINE n. 12, 20 agosto 2010, supplemento a LucidaMente, anno V, n. 56, agosto 2010)