Una folla di personaggi costretti entro una situazione particolare in “Linea 429” (Demian Edizioni) di Salvatore Scalisi
«Oggi, purtroppo, è un giorno doloroso, di quelli che non si dimenticano facilmente; fa parte della vita, e bisogna accettarlo, se no, sarebbe meglio davvero rifugiarsi in un buco sperduto della terra e vivere da eremita […]; e questo, a dire il vero, è uno di quei momenti in cui vien voglia di mollare tutto: casa, lavoro, famiglia, amici, ma alla fine, per vigliaccheria, mancanza di coraggio, o semplicemente per umano dovere verso se stessi e gli affetti più cari, si va avanti lottando e, se necessario, come dei guerrieri samurai».
Un autobus «di colore giallo, come tutti gli altri» si riempie via via di molteplici passeggeri: una mamma con un bimbo, alcune coppie, uomini, donne, giovani, anziani, più o meno comuni, banali o misteriosi, ciascuno con i propri pensieri e i propri impegni di giornata. Purtroppo scoppia un violentissimo temporale, che presto si trasforma in un drammatico nubifragio: «Una montagna d’acqua irrompe dentro la vettura creando un ulteriore panico tra i passeggeri. Contemporaneamente la ragazza viene travolta e trascinata via dalla corrente, scomparendo in direzione opposta al senso di marcia del pullman». Così la folla dei personaggi all’interno dell’autobus si trova imprigionata dentro di esso. È questo il fondale del romanzo Linea 429 (Demian Edizioni, pp. 166, € 13,00) di Salvatore Scalisi. E le storie e i caratteri dei passeggeri sono come minutissime tessere di un puzzle che solo alla fine si comporranno per formare un quadro complessivo definito. E sorprendente.
Nell’automezzo sovraffollato, dal quale non si può scendere (metafora della vita?) si intrecciano vicende, nascono relazioni di avvicinamento, contrasto, opposizione, simpatia, sospetto. Pian piano si rivelano ruoli, lati psicologici, segreti, tutti in funzione del sofisticato meccanismo narrativo. Conversazioni, pettegolezzi, tensioni, gesti da interpretare, si susseguono in un tourbillon vivace, ma dai risvolti ambigui. Scalisi costruisce il proprio testo caratterizzandolo con l’uso nettamente predominante dell’indicativo presente come tempo verbale centrale e di fittissimi dialoghi. Viene alla mente la narrativa americana, con la sua vitalità e vivacità, con il suo approccio diretto al presente e alla società: la predominanza di dialoghi fa pensare a certi stilemi di Ernest Hemingway, mentre l’analitica, minimalista descrizione di gesti e frasi appartenenti alla sfera della banalità quotidiana, dei comuni rapporti interpersonali, a volte convenzionali e falsi, induce a collegamenti con la narrativa di Raymond Carver.
Quando termina il nubifragio, «la tempesta di pioggia e vento abbattutasi sulla città sembra un lontano ricordo per i passeggeri del 429, ormai proiettati sulle cose a venire. Il calore del sole ha prosciugato ogni traccia dell’abbondante acqua; rimangono solo accumuli di detriti e danni materiali sparsi ovunque. E caos. Il pensiero comune è scendere, raggiungere le rispettive mete, condurre la vita di tutti i giorni. Sempre uguale». La situazione sembra potersi avviare a conclusione. Invece, visto il caos creatosi nel traffico cittadino e le devastazioni provocate dall’evento meteorologico, l’autobus avanza di pochi metri alla volta. La situazione è di nuovo bloccata. Le parole consolatorie sono banali, poco convincenti: «“Non stia a flagellarsi l’anima, mi creda, non ha senso” consiglia all’uomo obeso. “Gli imprevisti della vita sono all’ordine del giorno e la tempesta di poco fa che ci ha messo di malumore vi rientra di gran diritto… È sufficiente non abbattersi mai, prendersi gioco delle avversità, per quanto è possibile”. “Vorrei tanto riuscirci”. “Riconosco che non è facile, per nessuno, ma non bisogna mollare”». Fuori dal pullman «ci si aspetta una reazione d’insofferenza al continuo, assordante suono di clacson, invece gli automobilisti sembrano aver trovato una pace interiore. Un modo ammirevole di adattamento. Per molti, una radicata rassegnazione».
Il destino, il caso, la fatalità, la sorte – si trovi il termine più adatto – sono in agguato, proprio nel tumultuoso finale a sorpresa, che sconvolgerà ulteriormente e implacabilmente le vite dei personaggi. E, purtuttavia, l’indifferenza e la solitudine, peculiarità della nostra epoca, faranno sì che pochi se ne accorgano: «“È una maledetta giornata! Maledettamente uguale agli altri giorni” commenta un uomo seduto su un furgone».
Rino Tripodi
(LucidaMente, anno VII, n. 79, luglio 2012)
Chissà perché mi è venuto in mente il film “Un mercoledì da leoni”.
Ciascuno di noi è un coacervo di storie , di intersezioni, di incontri che ritramano il tessuto di cui siamo fatti.
Mi sembra un libro estremante interessante, che parte dalla banalità quotidiana per giungere ad altra condivisa banalità. Esaustiva la nota di lettura.
Narda