Un contributo della sezione Filippo Turati di Bologna del Partito socialista italiano
L’avvento della globalizzazione ha segnato una serie di crisi del sistema produttivo italiano aggravata dall’attuale crisi finanziaria nata negli Stati Uniti con il fallimento di Lehman and Brothers e poi allargatasi a macchia d’olio fino a minare la solvibilità degli stessi stati nazionali.
La prima reazione degli imprenditori italiani è stata quella di delocalizzare la produzione in paesi in cui il costo del lavoro fosse inferiore a quello italiano. Successivamente, resisi conto probabilmente dell’errore, si è assistito a una aggressione del costo del lavoro italiano culminata nella riforma del mercato del lavoro attuata dal governo Berlusconi nel 2003 e falsamente intitolata “Riforma Biagi”. Il contenuto del libro bianco del giuslavorista bolognese fu ridimensionato spostando la maggior parte dei benefici di un mercato del lavoro flessibile a favore delle imprese e della riduzione del costo del lavoro che ha portato all’esasperazione dell’attuale precarizzazione dei rapporti lavorativi.
Ci si è resi poi conto che, anche abbattendo il costo del lavoro, la concorrenza delle imprese italiane in un mercato globale non era migliorata, anzi la crescita italiana era sempre una delle più basse dell’intera Unione europea. Le produzioni storiche del nostro paese, prima fra tutte il settore manifatturiero e tessile, erano sempre più in difficoltà e abbiamo assistito a un ulteriore cambio di rotta che puntava tutto sulla qualità dei prodotti e dei materiali, lasciando però sempre in sospeso la soluzione dei problemi strutturali che impediscono tutt’oggi una concorrenza con le altre economie europee, prima fra tutte il costo della bolletta energetica. Infine, a peggiorare del tutto il quadro economico, è sopravvenuta la crisi finanziaria, che ha portato alle ultime riforme del governo Monti, le quali hanno toccato dapprima le pensioni e poi l’aumento delle imposte sia dirette che indirette che stanno falcidiando il potere d’acquisto degli italiani rendendo il mercato interno sempre più asfittico.
Occorre a questo punto affrontare con forza e decisione i problemi strutturali dell’economia italiana. Una riconversione dell’economia italiana da industriale in senso novecentesco a moderna con attenzione alla green economy. Non a caso le aziende che hanno investito e innovato nella produzione di materiali a basso impatto ambientale sono le uniche che crescono in Italia. Il secondo sforzo da fare è nell’internazionalizzazione delle imprese: se il mercato interno è asfittico, bisogna favorire l’ingresso dei nostri prodotti nel mercato globale.
Occorre inoltre, affinché domanda e offerta di lavoro si incontrino, lavorare sul sistema scolastico e universitario italiano partendo dal presupposto che i nostri giovani non conoscono le aziende che assumono e quali sono i profili che esse ricercano. Se non correttamente orientati, rischiamo di rivivere l’eterna situazione che vede tanti giovani alla ricerca di un posto di lavoro che difficilmente troveranno perché le aziende italiane ricercano altro. Occorre favorire le fusioni aziendali affinché sia più facile per le imprese accedere al mercato del credito e realizzare economie di scala. Se non avremo il coraggio di cambiare assisteremo a continui tagli della spesa sociale che serviranno solo a soddisfare la sete di denaro dei mercati finanziari.
Occorre guardare con più fiducia all’Europa, specie in questo frangente in cui si stanno decidendo le regole di funzionamento dell’economia europea e che vedono i lavoratori fuori dal tavolo delle trattative. La creazione degli eurobond, la tassazione sulle transazioni finanziarie, una compiuta banca europea, sono obiettivi da perseguire con gli altri partner europei.
Anche un piccolo partito come il Psi, volutamente ignorato dai mass media, deve avere l’ambizione di formulare proposte per affrontare la grave situazione economica e sociale. Proposte che – non considerate dai governanti, i quali, sotto la veste tecnica, hanno adottato provvedimenti di parte, senza equità e dimenticandosi della ripresa – possono essere la base per non più procrastinabili accordi elettorali.
Siamo convinti che almeno alcuni provvedimenti possano da un lato favorire la decrescita del debito pubblico oppure individuare risorse per investimenti oppure ridurre l’imposizione fiscale oggi troppo elevata:
– portare l’evasione fiscale a livelli fisiologici adottando anche misure punitive drastiche contro gli evasori;
– alienare i beni pubblici razionalizzando quelli adibiti a servizi per la collettività e migliorare la redditività di tutte le concessioni demaniali;
– istituire una patrimoniale a carico dei detentori delle grandi ricchezze;
– utilizzare le risorse delle banche per favorire gli investimenti produttivi;
– ridurre la spesa della politica, anche con rivisitazione della Carta costituzionale, per ridisegnare un assetto istituzionale che preveda l’accorpamento degli enti sottodimensionati e lo scorporamento di quelli sovradimensionati, nonché una drastica riduzione e un successivo riordino di tutti gli organismi strumentali statali e locali con una riduzione del professionismo politico.
Bologna, 21 maggio 2012
Sezione Filippo Turati di Bologna del Partito socialista italiano
(LM EXTRA n. 28, 15 maggio 2012, supplemento a LucidaMente, anno VII, n. 77, maggio 2012)