Martedì 24 febbraio Palazzo D’Accursio, a pochi metri dalla basilica di San Petronio a Bologna, ha ospitato un importante convegno sull’etica civile e sui diritti del cittadino, nell’ambito della campagna Il testamento biologico è un diritto. La conferenza, che ha registrato numerose presenze, è stata organizzata da Bologna città libera e, introdotti da Franco Motta, sono intervenuti, nell’ordine: Adriana Scaramuzzino, magistrato e vicesindaco dimissionario della Giunta del Comune di Bologna, Francesca Rescigno, esperta giurista, Mina Welby, vedova di Piergiorgio Welby, e Serafino D’Onofrio, consigliere comunale e organizzatore dell’incontro.
Prima dell’inizio del dibattito, ai presenti sono stati distribuite copie di testamenti biologici con l’intento – una volta compilati – di consegnarli in Comune e formalizzare così un atto di protesta nonviolenta e di disobbedienza civile contro il disegno di legge in discussione in questi giorni in Parlamento (sulle cosiddette “direttive anticipate di trattamento”).
Il diritto alla salute
Il primo intervento è quello di Adriana Scaramuzzino, che ha fortemente criticato le proposte dell’attuale governo giudicandole contrarie alla naturale evoluzione del concetto di diritto alla salute nel nostro Paese. “Si tratta di un tradimento rispetto al cammino della società intrapreso negli ultimi decenni”. L’ex vicesindaco insiste, inoltre, sul ruolo che i medici dovrebbero rivestire, lasciando alla loro coscienza la sottile delimitazione tra la cura tesa alla guarigione o al miglioramento della qualità della vita del paziente e il cosiddetto “accanimento terapeutico”.
Il magistrato sottolinea l’importanza di lasciare al cittadino le volontà e le decisioni riguardanti la sua persona e il ruolo educativo che, in tal senso, dovrebbero svolgere la scuola e la famiglia. “L’uomo è un essere capace di autodeterminarsi. Questo non bisognerebbe mai dimenticarlo in una democrazia che si rispetti”.
La Costituzione parla chiaro
Subito dopo la parola passa a Francesca Rescigno, docente di Istituzioni di Diritto pubblico presso l’Università di Bologna. Anche lei affronta il discorso soffermandosi sull’aspetto giuridico. In particolare rilegge alcuni fondamentali articoli della Costituzione in cui, pur se non esplicitamente, si evince la libertà di decidere per la propria vita e per il proprio destino. Cita, tra gli altri, gli articoli 2, 13 e 32. Quest’ultimo concepisce il dovere di curarsi solo nel caso si venga a compromettere la salute della comunità (vaccinazioni, disturbi mentali violenti). Per il resto viene più volte ripetuto il diritto a sottoporsi o meno a qualsiasi terapia o intervento medico. Diritto che lo Stato deve sempre garantire.
“Lo Stato deve essere al servizio del cittadino e non viceversa”. Un attacco duro, dunque, verso il Governo, il Parlamento, le istituzioni. Che non sono capaci di offrire serenità alla popolazione. Che sempre più evidentemente rosicchiano le colonne fondanti su cui si fonda la democrazia, rendendo l’Italia un luogo sempre meno vivibile.
“Vivremo in un Paese dove oltre che per nascere dovremo andare all’estero anche per morire”.
La dignità del malato
Sicuramente il momento più intenso è costituito dalle parole di Mina Welby, particolarmente forti e dirette. Risulta difficile rimanere impassibili di fronte alla sofferenza raccontata da questa donna cattolica, minuta e coraggiosa. Dai primi momenti della malattia agli ultimi attimi. Sempre, costantemente difficili. Senza speranza. “E quando insieme alla speranza viene meno la libertà e la dignità del malato, allora non si può più guardare, bisogna agire”.
La pacatezza e la dolcezza dei suoi toni non nascondono la forza e la tenacia della sua battaglia. “Dicono che sia tutela della vita, ma quale vita? Quella di Eluana era non-vita, era un’agonia protratta da lungo tempo. Lei non era felice, non voleva stare così. Così come non lo voleva Piergiorgio”.
Lei sa più di tutti di cosa si parli. L’ha vissuto. Sa le sensazioni che si provano. Sa cosa pensa un malato, cosa vuole, cosa desidera: “Tutti i malati vogliono guarire, non morire”. Finché si può guarire…
Una città libera, una città laica
Conclude gli interventi il consigliere Serafino D’Onofrio, membro di Bologna città libera. “Siamo di fronte alla politica di partito che prevale su quella di piazza”. Per questo si è mobilitato in prima persona per la raccolta dei testamenti da consegnare in Comune. L’iniziativa sembra aver riscosso successo. “Non ci fermeremo. Faremo altri incontri. Combatteremo. Il municipio deve essere più vicino ai cittadini”.
Anche lui battagliero verso una legge che sembra voler sottrarre la dignità alla vita degli uomini, che finisce per valere meno delle superstizioni, delle religioni che il malato, magari, neanche ha accettato. “E’ una legge che deride la sofferenza e scoraggia chi ha bisogno”.
La laicità e la libertà, due valori imprescindibili per una democrazia dei quali si comincia ad avvertire l’assenza, o forse di cui non se ne è mai avvertita la presenza.
L’adesione di LucidaMente e delle altre associazioni
Numerose associazioni hanno collaborato alla realizzazione dell’evento. Tra queste la Luca Coscioni, di cui fa parte anche Mina Welby, l’Uaar (Unione degli atei e degli agnostici razionalisti), LiberaUscita, per la depenalizzazione dell’eutanasia, Rossofiore e la nostra rivista LucidaMente (nell’articolo a fianco, l’intervento del nostro direttore Rino Tripodi).
Tutte hanno voluto rilasciare un personale commento. Tutte coscienti e consapevoli del “dramma democratico” che si sta consumando in Parlamento in questi giorni. Della violenza che si commette verso quello che è il più prezioso dei beni di ogni uomo e di ogni cittadino: la libertà.
“L’uomo è nato libero e ovunque è in catene” (Jean-Jacques Rousseau, Il contratto sociale).
Lunedì 2 marzo, alle ore 13, nella sala Parentelli di Palazzo D’Accursio, illustrazione dei risultati della campagna Il testamento biologico è un diritto, dopo la consegna dei testamenti raccolti al Comune di Bologna; presenti vari esponenti delle associazioni LiberaUscita, Luca Coscioni, Rossofiore, Uaar e di LucidaMente, e i consiglieri comunali Serafino D’Onofrio, Valerio Monteventi e Roberto Panzacchi di Bologna città libera.
L’immagine: da destra a sinistra, Serafino D’Onofrio, Mina Welby, Franco Motta, Adriana Scaramuzzino e Francesca Rescigno al convegno bolognese del 24 febbraio tenutosi nella cappella Farnese di Palazzo D’Accursio.
Simone Jacca
(LucidaMente, anno IV, n. 39, marzo 2009)