Un artista multiforme – Qualche settimana fa, esattamente il 23 gennaio 2009, sono passati venti anni dalla morte del geniale pittore catalano Salvador Dalí: un tempo sufficiente per poter analizzare e valutare con un certo distacco la vita e l’opera di un artista. Eppure, per Dalí, ciò appare ancora complicato. Troppo tumultuosa la sua biografia. I luoghi: dalla nativa (1904) Figueres a Madrid (1922), da Parigi (1926) agli Stati Uniti (1940), al ritorno in Spagna (1948), con residenza prima a Cadaqués e poi nel castello di Pubol (1982). Gli incontri umani: Luis Buñuel, Federico García Lorca, Pablo Picasso; l’amore della sua vita, Gala, che sedurrà e strapperà al primo marito, il poeta Paul Eluard, e ne farà la propria musa e compagna; lo strano ménage con Amanda Lear (1965). L’uomo: l’istrionismo, la sua capacità di essere “personaggio”, la cura dell’“immagine”, le frasi ad effetto («La sola differenza tra me e un uomo pazzo è che io non sono pazzo»), l’indubbia capacità di “vendere” commercialmente la propria creatività in ogni campo (nel 1969 realizza in una sola ora il celebre, immarcescibile logo della Chupa Chups). Così come ampia e multiforme è la sua produzione artistica, che vira dal cubismo al surrealismo, del quale può essere considerato, se non il maggiore, certo il più celebre esponente.
Nella tempesta delle avanguardie artistiche – Certamente, la prima metà del XX secolo è dominata, nel campo della creatività, da una serie di movimenti che tendono a modificare radicalmente le vecchie concezioni di poetica e le stesse espressioni e risultati artistici. Il futurismo, innanzi tutto, e poi, tra le più note, cubismo, espressionismo, astrattismo, dadaismo, surrealismo; per non parlare di suprematismo, costruttivismo, raggismo, produttivismo, De Stijl, ecc. Una sorta di irruzione, anche violenta, di “-ismi” che sconvolge la nostra stessa percezione estetica. Semplificando e banalizzando, potremmo distinguerle tra tendenze che ristrutturano la visione della realtà (futurismo con l’idea di movimento, cubismo con la scomposizione del reale su piani geometrici), altre che la deformano in base all’interiorità dell’artista (espressionismo), fino ad arrivare all’annullamento stesso del tentativo di far riferimento alla rappresentazione degli oggetti e del mondo visibile (astrattismo).
Surrealismo e surrealisti – Il surrealismo prende il nome dal sottotitolo di un’opera di Guillaume Apollinaire (Les mamelles de Tirésias. Drame surréaliste, del 1903, ma rappresentata solo nel 1917). Tra gli artisti che rientrano in tale corrente va ricordato innanzi tutto il nostro Giorgio De Chirico che con Piazze d’Italia (a partire dal 1912) può essere considerato l’anticipatore di tale avanguardia. Altri rappresentanti, oltre Dalí, possono considerarsi Joan Mirò, Max Ernst, Paul Delvaux, André Masson, Yves Tanguy, René Magritte, e, provenienti da Dada, Francis Picabia, Marcel Duchamp, Alberto Giacometti, Hans Arp.
L’ultima delle avanguardie (e la loro sintesi): la trasgressione, la libertà… – «Surrealismo è automatismo psichico puro mediante il quale ci si propone di esprimere sia verbalmente, sia per iscritto o in altre maniere, il funzionamento reale del pensiero; è il dettato del pensiero con l’assenza di ogni controllo esercitato dalla ragione, al di là di ogni preoccupazione estetica e morale» (dal Primo manifesto del surrealismo di André Breton). Il surrealismo si colloca tra tutte le avanguardie artistiche e, in qualche modo, anche perché è l’ultima (il Primo manifesto del surrealismo, appena citato, è del 1924), le riassume. Come il dadaismo, il surrealismo tende a provocare, a trasgredire, a proiettare la propria virulenta interiorità (carattere tipico anche dell’espressionismo), ma l’esigenza di libertà assoluta dell’artista si incontra con la ricerca di una soluzione costruttiva (come il cubismo). Allo stesso modo dell’astrattismo, il surrealismo prende le distanze dalla realtà oggettiva, dalla sua rappresentazione mimetica, per esplorare mondi interiori e sconosciuti.
…l’analogia, il sogno, il meraviglioso, l’humour – Ma, a differenza del movimento astrattista, quello surreale mantiene riconoscibili gli oggetti (ciò peraltro non vale del tutto per Ernst e Mirò): è il loro accostamento analogico, la loro collocazione, a rendere inquietante e straniante la produzione surrealista («un accoppiamento di due realtà apparentemente inconciliabili su un piano che in apparenza non è conveniente per esse» scrive Max Ernst, Comment on force l’inspiration, in «Le surréalisme au service de la révolution», Paris, n. 6). E rincara André Breton nell’Anthologie de l’homour noir (Paris, Sagittaire, 1940): «Perché un’opera d’arte sia veramente immortale, è necessario che esca completamente dai confini dell’umano: il buon senso e la logica la danneggiano». I surrealisti si ispirano alla scoperta dell’inconscio di Freud, al sogno (e all’allucinazione), all’automatismo psichico, al senso del meraviglioso, allo humour.
La folle arte di Dalí – Per André Breton (Le surréalisme et la peinture, New York, Brentano’s, 1945) «con Dalí abbiamo a che fare con una paranoia latente, della specie più benigna, la paranoia a piani latenti isolati, la cui evoluzione è al sicuro da ogni pericolo di confusione». Infatti, aggiunge Albert Schug ne L’arte contemporanea (Milano, Rizzoli, 1969), il pittore catalano, essendo dotato di «brillanti capacità tecniche», tende a «oggettualizzare i segni di un concreto irrazionale mediante il ricorso a un’estrema precisione». Altro aspetto tipico di Dalí è un certo barocchismo di matrice spagnola.
Il mistero di Donna con candele – Al centro di una spiaggia, circondata da un mare sulla cui riva si erge un grande scoglio, domina una strana concrezione rossastra, apparentemente naturale, con delle crepe; in lontananza si scorgono “sculture” simili, ma più piccole. Essa, sormontata da un’anforetta, ha tre anfratti-interstizi entro cui ardono candele. Una bella figura femminile, bionda, nuda, inginocchiata su una pedana (o incastrata in essa) è collocata dietro di essa; capelli e mani-unghie si allungano inquietantemente. Sulla destra appare un cavallo montato da un uomo, entrambi nerastri, minuscoli, al di là dell’effetto prospettico.
Una possibile interpretazione dell’opera – Oltre al complessivo effetto straniante della composizione, del messaggio a livello inconscio che colpisce lo spettatore, si può tentare una lettura “simbolica” di questa Donna con candele. La figura femminile sembra essere in correspondance con le fiammelle che ardono entro la “scultura” centrale: l’estensione delle mani e dei capelli, infatti, sono analoghe alla spinta in su del fuoco. Forse il dipinto è una raffigurazione della passionalità femminile, forte, ben custodita e protetta (anche l’anfora è un’immagine della genitalità femminile, per non parlare della spiaggia e del mare), dominante sulla scialba, lontana, figura maschile (il cavallo è ulteriore simbolo di virilità). Gli enigmi fluttuano all’interno di un’atmosfera metafisica tramata di mille spessori dalle possibili dilatazioni crudeli. Ovviamente, lasciamo al lettore ogni altra possibile “chiosa” o interpretazione. Il surrealismo è il mondo dell’inconscio, quindi della polisemia.
Donna con candele sarà esposta in un’unica occasione, per gentile concessione del proprietario dell’opera, giovedì 19 febbraio, alle ore 20,30, presso Pátisserie et culture, via delle Magliaie 24, Carpi. Il nostro direttore Rino Tripodi introdurrà il dipinto con una conversazione su Le avanguardie artistiche del primo Novecento e il “folle” Dalí.
E, a proposito della “follia” nell’arte, si consiglia di recarsi a Siena presso il Complesso museale di Santa Maria della Scala a visitare la mostra (che sarà allestita fino a lunedì 25 maggio 2009) Arte, Genio, Follia. Il giorno e la notte dell’artista. Trecento opere, dal Medioevo a oggi, con un percorso diviso in otto sezioni. Tra gli altri: Van Gogh, Munch, Strindberg, Dix, Grosz e Ligabue.
L’immagine: particolare di Donna con candele, acquaforte-acquatinta acquerellata a mano, di Salvador Dalí (Figueres, 1904-ivi, 1989).
Eva Brugnettini
(LM EXTRA n. 14, 14 febbraio 2009, supplemento a LucidaMente, anno IV, n. 38, febbraio 2009)