Sul territorio bolognese si occupano di tratta e sfruttamento a carattere sessuale alcune associazioni ed enti: Fiori di Strada, associazione onlus che si muove sul territorio urbano con pattuglie e accompagnamenti medici; l’Albero di Cirene, altra onlus bolognese che porta avanti il progetto Non sei sola, offre alle ragazze latte e biscotti e l’opportunità di pregare e partecipare alle messe; la Casa delle donne per non subire violenza, che offre accoglienza, case rifugio, gruppi di sostegno e molto altro ancora; il Mit (Movimento identità transessuale), che pattuglia le strade della città notturna; è presente anche la Caritas che dà una mano e un tetto alle prostitute in cerca di aiuto, soprattutto a chi si trova in stato interessante.
Tutti questi gruppi operano in stretta collaborazione con le forze dell’ordine cittadine, fornendosi a vicenda informazioni utili ai fini delle eventuali denunce e del riscatto delle ragazze dalle strade.
Le nigeriane
Le giovani nigeriane spesso arrivano sui barconi che vengono accolti a Lampedusa e poi smistati nei vari centri di accoglienza. Sono quindi registrate e viene data loro una prima assistenza; il Cpt (Centro di permanenza temporanea, ora Cie, Centro di identificazione ed espulsione) fornisce sostegno per un massimo di due mesi, poi la ragazza viene messa alla porta con il decreto d’espulsione in mano: libera di finire tra le braccia dello sfruttatore che l’aspetta oltre la soglia.
Esistono dei criminali centri di smistamento internazionali con base nelle principali capitali europee, che riforniscono di donne africane anche il mercato italiano. Sul territorio italiano sono presenti solo le maman, ovvero le donne che tengono d’occhio le vittime, le istruiscono e le puniscono.
Le ragazze che lasciano l’Africa vengono intimidite e “controllate” attraverso i riti voodoo ai quali vengono sottoposte prima di lasciare il proprio Paese. Giurano di fare quello che verrà detto loro per non mettere a rischio i propri nuclei famigliari. Le famiglie delle africane, infatti, sono sempre le prime sulle quali le minacce si concretizzano: padri accecati, madri stuprate e mutilate, sorelle rapite, fratelli scomparsi.
E le prostitute dell’Est?
Antonio Dercenno, presidente di Fiori di Strada, ci spiega: “Le ragazze dell’Est provengono da situazioni diverse, pur sempre di estrema povertà, ma non sono paralizzate da antiche credenze come le giovani africane. Hanno bisogno di soldi per poter mantenere le famiglie in Ucraina, in Romania, in Moldavia, in Russia”.
Le non comunitarie arrivano dopo viaggi che possono durare anche settimane, chiuse nel doppiofondo di un camion assieme ad altre cinquanta persone, con poca acqua e poco cibo per ridurre il problema dei bisogni corporali; fanno lunghi tratti a piedi, tra i boschi; cambiano mezzo molte volte passando dalla macchina, al treno, all’autobus, fino a passare il confine. Una volta in Italia, vengono rinchiuse in un appartamento dove vengono istruite e (s)vestite, attrezzate di preservativi e accompagnate in strada.
Anche le ragazze dell’Est vengono spaventate con intimidazioni, ma le minacce non si concretizzano quasi mai perché la polizia e le autorità giudiziarie di quei Paesi, benché talvolta corruttibili, infliggerebbero punizioni esemplari.
Ma come arrivano in Italia?
“E’ un sistema abbastanza semplice” – ci spiega Antonio. “Le ragazze vengono contattate, spesso da una donna della loro stessa nazionalità e che quindi parla la loro lingua. Le africane possono essere avvicinate sin dalla scuola, anche dagli insegnanti, viene chiesta loro la disponibilità ad andare a studiare in Europa. Qualche anno dopo tornano a prenderle. In quel caso, vengono scelti pure ragazzi maschi, destinati, probabilmente, al mercato degli organi”.
Oggigiorno, il prezzo che dovrà essere restituito per i documenti, il viaggio, il mantenimento e la libertà si aggira intorno ai 70mila euro. Alcune sanno a cosa vanno incontro ma non sanno invece in che condizioni dovranno lavorare e, quando arrivano sulla strada e affrontano la violenza notte dopo notte, non reggono e vorrebbero andarsene, ma ormai è troppo tardi. Altre invece vengono ingannate, credono di venire in Italia per lavorare come badanti, baby sitter, in una fabbrica o in un supermercato, qualsiasi occupazione va bene; la strada non rientra però nel ventaglio delle loro aspettative.
Quando arrivano in Italia, soprattutto le africane, che provengono da culture tanto diverse dalla nostra, si trovano ad affrontare una situazione incomprensibile: vengono vendute appena arrivate nella città di destinazione, spesso ad un’altra connazionale che le condurrà in una casa, fornirà loro vestiti, riempirà la loro borsetta di preservativi e si raccomanderà di fare quello che devono perché, essendo state sottoposte a rito voodoo, metterebbero in pericolo le loro famiglie. Le ragazze non parlano la lingua del luogo, non conoscono nessuno, vengono da un contesto di povertà e si trovano nelle periferie delle nostre città: sono completamente sole e non hanno la più pallida idea di dove sono e di quali possano essere i loro diritti, l’unica cosa che sanno è che nessuno le aiuterà e che se qualcuno le offre qualcosa è perché si aspetta un’altra cosa in cambio.
Il presidente di Fiori di Strada ci spiega inoltre che “per le giovani africane la prostituzione è un disonore grandissimo e, qualora dovessero far ritorno in patria e si venisse a sapere che hanno lavorato sulla strada, verrebbero disonorate e, con buone probabilità, lapidate”.
Ricevere il permesso di soggiorno
Il permesso si riceve solo dopo aver sporto denuncia.
Molto spesso le ragazze africane continuano a tacere o a mentire ancora per lungo tempo pure dopo aver abbandonato la strada, senza denunciare i loro sfruttatori e le violenze subite, alcune perché non conoscono i nomi e i numeri telefonici, altre perché terrorizzate da quello che potrebbe succedere a loro o alle loro famiglie nel caso dovessero lasciarsi scappare qualcosa. E così è molto difficile aiutarle perché la legge stabilisce che vendere il proprio corpo non è contro la legge, mentre sfruttare esseri umani sì, ma le vittime spesso non se ne rendono conto.
Le nigeriane trovano problemi più grossi di quelle dell’Est nelle pratiche per ricevere il permesso di soggiorno ed essere inserite in programmi di protezione perché non hanno quasi mai niente da dare in cambio. “In Italia funziona così” ci spiega Antonio. “Dopo aver ricevuto la denuncia, la questura chiede il parere del magistrato che la sta seguendo; se la denuncia è rilevante a livello investigativo allora la pratica prosegue, se no, viene interrotta. Le ragazze africane non sono quasi mai in grado di fornire identità, numeri di telefono o indirizzi”. Con loro viene affrontato un percorso sociale e cioè privo di denuncia, per questo è tanto difficile sistemarle e la tendenza è quella di non accoglierle perché è davvero complicato e i tempi sono biblici. Solo l’Istituto Papa Giovanni XXIII è sempre ben disposto ad accoglierle.
Per le giovani dell’Est Europa, al contrario, i tempi per i documenti sono più corti e le dinamiche più agili e non è quindi un grosso problema scegliere con loro la via della denuncia; vengono favorite anche dal fatto che hanno più facilità a imparare la lingua e si adattano senza troppi sforzi alla nostra cultura.
L’immagine: un’automobile si ferma, ma non si tratta del “solito” cliente, bensì della macchina operativa di notte dei Fiori di Strada (per gentile concessione di Fiori di Strada onlus).
Erika Casali
(LM MAGAZINE n. 7, 15 gennaio 2009, supplemento a LucidaMente, anno IV, n. 37, gennaio 2009)