Vi ricordate in un nostro precedente articolo (L’immigrazione vista con gli occhi stranieri, in LM MAGAZINE, n. 6) il palestinese furibondo che viveva a Bologna e considerava l’Italia un paese razzista? Era novembre. Cercavamo di capire il fenomeno dell’immigrazione secondo l’ottica degli immigrati. Cercavamo di capire quanto, effettivamente, lo sconosciuto, il diverso, l’altro, stesse cercando di integrarsi e avvicinarsi alla nostra società. E quanto la nostra società si impegnasse a “ospitarlo”, ad accoglierlo. Era anche il periodo delle classi ponte, della scuola che si rinnovava. E della maestra Carla che ci spiegava l’importanza della classe “mista” in cui più culture si fondono e si impara a conoscere e comprendere ciò che è diverso da noi.
Sono passati quattro mesi. E la storia si ripete. Di nuovo una legge che crea contrasti…
La proposta di legge
Una tassa di 50 euro per il rilascio o il rinnovo dei permessi di soggiorno agli stranieri. Questo prevede l’emendamento della Lega al disegno di legge anticrisi. Gli introiti verranno destinati ai Comuni di residenza dei cittadini stranieri e utilizzati per l’attuazione di politiche di sostegno alle famiglie (italiane) e per il controllo del territorio.
Noi, come al solito, siamo andati sul territorio ad ascoltare i diretti interessati, per capire quanto effettivamente sia grande la frattura tra l’Italia degli italiani e quella degli immigrati…
Intervista a un pakistano
Entriamo in un negozio di frutta e verdura. È vuoto. C’è un signore sulla quarantina e un altro più giovane a fianco a lui. Ci presentiamo. Si chiama Ahmed. E partiamo subito con la domanda:
Stiamo facendo un articolo sulla nuova legge proposta dal governo, quella…
“Sì, ho capito, ho capito. Quella sui permessi di soggiorno”.
Esatto. Cosa ne pensa?
“È ingiusta”.
Perché?
“Perché sì. L’Italia non sa proprio dove andare a prendere i soldi”.
Perché li vuol prendere da voi, secondo lei?
“Non lo so. Ho smesso di farmi queste domande. So che è ingiusta. Anche perché io i soldi li tiro già fuori per rinnovare il permesso. Prima poteva avere senso perché c’era solo la carta da bollo da pagare, ora sono più di 60 euro”.
Nel resto d’Europa questa tassa c’è già…
“Sì, ma nel resto d’Europa esistono anche servizi efficienti. Qui no. Il permesso rinnovato ti arriva non si sa quando. Ti arriva che devi già chiedere di nuovo di rinnovarlo. Ad un mio amico un anno è arrivato addirittura scaduto!”.
L’amico vicino a lui ride e si mette la mani sul volto in segno di disperazione.
“Non voglio parlare di razzismo o di altre cose del genere. Però sicuramente è un’ingiustizia”.
Capisco
Andiamo via.
In Europa…
Lo sguardo all’Europa ormai è d’obbligo. Nessuno azzarderebbe più una proposta di legge senza aver portato sul piatto della bilancia almeno 4-5 Stati europei in cui “già si fa così”. Verrebbe da chiedersi se seguendo questo principio ci sarà mai qualcuno che coraggiosamente si distinguerà o se si finirà come il cane che si morde la coda.
Anche in questo caso, infatti, tutti i “pro tassa” hanno sbandierato la lista dei Paesi europei in cui il permesso di soggiorno è già tassato, anche con cifre onerose. È il caso della Gran Bretagna, dove un visto generico costa l’equivalente di 436 euro e un permesso di residenza ben 828 euro. Anche l’Olanda è cara: 430 euro; mentre in Francia si parte dai 40 euro e si arriva ai 700, a seconda dei casi.
Germania e Spagna rappresentano, invece, delle isole felici per gli immigrati. Qui non ci sono tasse per lo straniero, che paga esattamente quanto un cittadino “normale”, come vorrebbe la Carta di uguaglianza tra cittadini italiani e stranieri.
C’è da dire che in Italia, come ricordava Ahmed, gli immigrati pagano già una bella somma per il rilascio e il rinnovo del permesso. Per l’esattezza 72 euro e 12 centesimi, così articolati: 30 per l’assicurata da inoltrare alla posta, 27,50 come contributo al Poligrafico dello Stato che deve stampare il permesso elettronico, 14,62 come diritti di bollo. E poi, ovviamente, il costo delle foto e di tutti gli altri documenti da esibire. Il contributo equiparabile al nostro passaporto o carta d’identità, di cui qualcuno parlava, esiste già!
Per non parlare del fatto che quasi in tutti i Paesi europei esiste un fondo per l’integrazione degli immigrati: da 300 milioni di euro in Spagna ai 750 in Germania. In Italia, dopo l’ultima finanziaria, si è ridotto a 5 milioni.
L’Europa, dunque, non è compatta. Anzi! È evidente che in Europa vi sono due filosofie diverse.
Intervista a un egiziano
Stavolta entriamo in una pizzeria. Sono le sei del pomeriggio. Ha appena aperto. Abbiamo girato un po’ prima di entrare. Pochi sono disponibili a farsi intervistare, soprattutto appena sentono l’espressione “permesso di soggiorno”. All’ennesimo tentativo ci riusciamo.
Salve. Sto preparando un articolo sulla legge proposta dal governo per i permessi di soggiorno…
Accenna ad un sorriso. Poi dice:
“Non ho niente da dire”.
Ci dà un veloce parere?
“E’ sbagliata”.
Cosa?
“La legge”.
Nel senso che è ingiusta?
“No, no. E’ sbagliata.”.
Si potrebbe spiegare meglio?
“Crea odio, rabbia. La situazione sta diventando pericolosa”.
C’è da aver paura?
“Tra poco”.
I medici-spie
Il governo recluta i medici. Anche loro scenderanno in guerra contro gli immigrati, curandoli prima e denunciandoli poi. Quali le conseguenze?
Siamo sempre lì: l’immigrato che non si fida. Che si arrabbia. Che esplode. Non si fida più di nessuno. Né del poliziotto, né del cittadino, né delle istituzioni. Ora, neanche del medico. Avrà paura di curarsi a danno della salute sua e di quella di tutti i cittadini. Che avranno sempre più paura di lui.
Per non parlare della gravità deontologica. Viene meno il diritto più elementare, più ovvio, più umano. Quello di curarsi in santa pace. E’ peggio che chiedere a un prete di confessare e poi denunciare un criminale.
Per fortuna sembra che gli Ordini dei medici si stiano opponendo a tale barbarie.
L’immagine: Marie Julienne Carriere, schiava domestica haitiana (olio su tela, cm 50×60) di Mauro Filippini, per gentile concessione dell’artista
Simone Jacca
(LM BO n. 1, 16 marzo 2009, supplemento a LucidaMente, anno IV, n. 39, marzo 2009)
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