Se si sta attenti e si sa scegliere, sì. E senza sacrifici, neanche della qualità. Andando in giro per i market di alimentari di Bologna e dintorni…
Siamo in guerra. Una guerra contro la crisi economica, la disoccupazione, la precarietà, lo sfruttamento degli esseri umani, la miseria. E, in guerra, ogni arma è lecita. E, in guerra, occorre stare attenti ai nemici. Combatterli. Dopo aver conosciuto le loro strategie.
Fuor di metafora, la famiglia monoreddito, magari cassintegrata, combatte ogni giorno una battaglia per mangiare (oltre che per vestirsi, pagare le bollette, la benzina, le assicurazioni, mandare i figli a scuola). I nemici sono il carovita, i prezzi, i commercianti disonesti, i negozi cari. Si tratta di una battaglia senza esclusione di colpi, in cui la vince (o non soccombe) chi è più sveglio, informato. Chi non si lascia ingannare o prendere da impulsi consumistici che oggi non si possono più avere.
La nostra rivista ha provato per mesi a fare la spesa in giro, dappertutto, confrontando qualità e prezzi. Ed è arrivata alla conclusione che, se si è accorti e oculati, si può vivere risparmiando molto sugli alimentari, anche senza far la fame o rinunciare ai piaceri della buona tavola (vedi L’occasione fornita dalla crisi: mangiare meno. Ma meglio). Ovviamente, essendo la nostra sede a Bologna, ci siamo mossi entro tale città e dintorni. Ma riteniamo che la situazione non sia poi molto diversa altrove.
Qualche consiglio generale riguarda il buonsenso. L’acqua da bere. Usare acqua del rubinetto, che pare sia buona quanto le acque minerali, ma costa molto, molto meno, non ci carica di pesi e di rifiuti di plastica da eliminare. Le marche. Sfidiamo chiunque a distinguere al palato gli spaghetti di una marca famosa da una “sconosciuta”. E così vale per molti altri prodotti (legumi, formaggi, molti salumi, prosciutti). Come scrive in questo stesso numero di LucidaMente Emanuela Susmel (Risparmio, un’arte che si impara vivendo): «Nella maggior parte dei casi gli articoli di sottomarca – quella dell’esercizio commerciale che li vende – sono stati prodotti negli stessi stabilimenti utilizzati per i prodotti di marca: la qualità è la medesima ma il prezzo è inferiore poiché sono stati abbattuti gli elevatissimi costi pubblicitari». Insomma, paghiamo la pubblicità, non la qualità. Frutta e verdura. Spesso sono alimenti che più sono imperfetti o “brutti”, più son buoni. Che ce ne frega della lucidatura di mele e arance o della grandezza di un pomodoro? E ora vediamo cosa abbiamo trovato nel nostro tour. Siccome non abbiamo padroni, né sponsor, né abbiamo pubblicità del settore, possiamo esprimerci liberamente.
Da evitare. Ovviamente, gli esercizi alimentari del centro e le botteghe gastronomiche pretenziose, sofisticate e carissime. Non acquistare primi e secondi già cucinati e pronti. Furgoncini “ambulanti” provenienti dal Sud: con la scusa della genuinità fanno pagare frutta e verdura un occhio della testa senza emettere scontrini fiscali e senza che sia assicurata non solo qualità, ma neanche garanzie igieniche e di provenienza. Non si capisce quale sia la logica nell’imbrogliare una persona che non tornerà più nel punto vendita. Analoghi i produttori locali che espongono cartelli di vendita diretta: si paga molto di più che in un discount, non è produzione biologica, è la stessa che trovereste alla Coop o al Conad. E, anche in questo caso, niente scontrini. Biologico: carissimo, senza particolari garanzie che non contenga almeno tracce di agenti chimici. Dicono che, usando il cibo biologico, si possa mangiare meno perché esso sarebbe più ricco dal punto di vista nutrizionale. Beh, provate con due genitori operai che svolgono lavori pesanti e due ragazzi sempre affamati… Gli ipermercati: sono luoghi alienanti, disumanizzanti, in cui si perde un sacco di tempo a percorrere chilometri a piedi per comprare dieci cose (tranne a farsi fregare, riempiendo il carrello). Non a caso il regista George Romero vi ha collocato gli zombie dei suoi film. Teniamocene alla larga (da ipermercati e zombie metafora dell’idiota consumista).
Buoni, ma costosi. Le grandi catene di distribuzione, come Coop, Esselunga, Conad, garantiscono un controllo della qualità, ma sono divenuti cari per “l’italiano povero”. Approfittare delle offerte e basta. Buoni, ma non certo economici, i piatti pronti dell’Esselunga. In genere scarsini e cari quelli della Coop, che subisce anche le lagnanze dei clienti più anziani riguardo le “antipatiche” casse automatiche, che tolgono, tra l’altro, pure posti di lavoro, mentre lunghe sono le file alle casse “tradizionali” (vedi Marco Barone, Brevi riflessioni sulle casse automatiche nelle grandi catene dei supermercati). Le rivendite di prodotti regionali (in genere, campani, pugliesi, siciliani, calabresi) propongono prodotti davvero buoni, genuini e doc (mozzarelle, scamorze, caciocavallo, conserve sott’olio, salumi, olive di ogni tipo), ma i prezzi sono da urlo.
Ok, il prezzo è conveniente. Ci restano i cosiddetti discount. Occorre prestare attenzione. Alcuni prodotti non sono buonissimi. Però, sia al Lidl, sia, per quanto riguarda frutta e verdura, la catena La Meridiana (qui, oltre l’ortofrutta, evitare altri acquisti, per i prezzi “normalissimi” di tutto il resto), si compra bene. L’Agricola Bivona-Sole di Sicilia, giunta a Bologna da pochi anni, nell’ambito dell’ortofrutta ha superato per convenienza La Meridiana: tutto tra € 1 e 1,20, persino, ad esempio, i pregiati pomodori cuore di bue, ecc. Attenti, però, alla qualità: scegliete con cura pezzo per pezzo, altrimenti il risparmio fatto si perderà a casa, quando si getterà nella spazzatura frutta e verdura malmessa.
Ma i prezzi più bassi, con una qualità invidiabile, spesso non seconda a quelli delle “grandi marche”, li abbiamo trovati presso l’Ld (Lombardini discount), sulla via che dalla ss San Vitale conduce a Budrio. Frutta e verdura (proveniente soprattutto dalla Spagna) a 0,99 euro, a volte meno. Pasta secca ottima (così come tagliatelle fresche e gnocchi). Buona carne al banco, anche quella già pronta per essere cucinata. Ottimi e a buon prezzo pure i salumi e i formaggi in busta. Mozzarella da 125 g a € 0,59. Così come le passate di pomodoro (anche monodose), l’olio extravergine di oliva (€ 2,99 al litro, seppure in bottiglie di plastica), le marmellate e i dolciumi. C’è, poi, quel famoso pane, economico (€ 2,19 al kg), che si mantiene fresco e morbido per una settimana: un toccasana anche riguardo lo spreco peccaminoso di buttare l’alimento sacro nel bidone della spazzatura.
Quanto costa sbarcare il lunario. Andiamo al nostro articolo Sulla tavola in 15 minuti e, usando i prodotti dell’Ld, proviamo a vedere quanto verrebbero a costare alcune delle ricette “veloci” consigliate in quell’articolo come pasto completo. Pasta e legumi. Una scatoletta di fagioli costa € 0,29 (400 g, 240 sgocciolata). La pasta da accompagnare ai legumi (500 g) € 0,42. Se fossimo single, potremmo cucinarci un piatto completo con 80-100 grammi di pasta (circa € 0,08) e il contenuto di mezza scatoletta (circa € 0,15), conservando il resto di questa per l’indomani. Sembra pazzesco, ma, anche aggiungendo il costo dell’olio per soffriggere e condire, una cipolla o uno spicchio di aglio, del pane, restiamo ben sotto il mezzo euro! Aggiungiamo frutta e verdura (sotto 1 euro al chilo). Moltiplichiamo per una famiglia di quattro persone: arriviamo al massimo a due euro!
Un bel piatto di pasta. Gli spaghetti o i rigatoni, nel formato economico da 1 chilo, costano € 0,65. La passata di pomodori € 1,30 (3 mini confezioni monouso da 200 g l’una) o € 0,69 quella in vetro da 700 g. Un semplice piatto di pasta al pomodoro e basilico per persona, con buon formaggio grattugiato sopra, può quindi costare solo mezzo euro (0,06 per 100 g di pasta, più 0,25 circa la dose di passata di pomodori, più olio, odori, formaggio). La pasta con patate, broccoli, zucchine o verdure varie, con un costo al chilo inferiore a 1 euro per gli ortaggi, si aggira sempre a meno di mezzo euro. Aggiungiamo, in questi casi, il costo di un secondo di proteine, essendo il primo “incompleto” dal punto di vista nutrizionale. Pasta al tonno. Questo è un piatto completo. Tre scatolette di tonno da 80 grammi costano € 1,69: utilizziamone una per condire una-due porzioni di pasta. In questo caso, ci avviciniamo, con pasta, sugo e olio, alla spesa di un euro. Una proiezione – certo molto astratta e ipotetica, ottimistica – ci porterebbe a una famiglia di quattro persone che, anche variando la propria dieta a pranzo e a cena, potrebbe contenere le spese mensili per gli alimentari entro circa 150-180 euro.
Il ragionamento, molto “freddo”, e probabilmente con qualche pecca, dimostra, però, qualcosa che, sommersi da anni di consumismo e spreco, ci era passato di mente. Si può vivere con molto, molto meno, senza rinunciare a nulla di essenziale. Questo vale, come si è visto, per il cibo, ma anche per mille altri settori. È solo un problema psicologico: smettere di pensare che si debba spendere non si sa quanto al giorno per essere “normali”. Invece, eliminando gli sperperi, resta tempo e spazio mentale per altro. Paradossalmente, la nostra qualità della vita potrebbe migliorare…
Rino Tripodi
(LucidaMente, anno VII, n. 76, aprile 2012)
Sono d’accordo quasi su tutto. Io faccio volentieri la spesa all’Ld, dove trovo anche prodotti regionali, praticamente le uniche cose che compro. Quello a cui devo dire di no, è l’acqua del rubinetto. Perchè “dicono che sia buona” non mi offre nessuna garanzia, ma soprattutto, quando ti alzi al mattino e vai a lavarti la faccia, e apri il rubinetto e l’acqua ha odore,( che di per sé è già strano), di palude…..francamente, di berla non mi passa nemmeno per l’anticamera del cervello. il risparmio si fa sull’eccesso, non sulla salute, l’acqua del rubinetto non si può bere
Grazie per il contributo di idee e proposte.
Grazie per i preziosi consigli, professore! Ora che vivo da solo ne avrei proprio bisogno. E, così, fare la spesa sarà un altro modo per ricordarmi di Lei. 🙂
Grazie a te, Valentino. I tempi son duri, ma, con qualche accorgimento, si può mangiare bene e spendere il giusto. Siccome quello che dico lo pratico anche io… ti assicuro che funziona per il gusto e per la tasca.
Generalizzare non fa bene. L’acqua del rubinetto si può bere tranquillamente pressochè ovunque. Spendere soldi per comprare acqua rinchiusa in bottiglie di plastica trasportare da tutti gli autotreni che vedete sulle autostrade, che sostano ore sotto il sole e la plastica che esala sostanze pericolose e cancerogene, non è certo intelligente. quando l’acqua che arriva dal rubinetto è buona da bere, che senso ha comprarne una nella bottiglia di plastica? A parte i casi come quelli di minae, per il resto il commercio dell’acqua è puro e semplice frutto del consumismo sfrenato e dell’orientamento dei produttori che creano bisogni. vi prego, aprite gli occhi, uscite dalla logica del mercato, ragionate con la vostra testa! Grazie per l’articolo