L’evoluzione e i cicli della Terra secondo gli sterminati reticoli spaziotemporali di Giuseppe Mazzilli: questo il titolo della Prefazione del nostro direttore editoriale Rino Tripodi ad Atmosfera radioattiva. Il punto di non ritorno (pp. 340, € 16,00) di Giuseppe Mazzilli, ottava uscita della collana di narrativa La scacchiera di Babele della inEdition editrice/Collane di LucidaMente.
Eccola di seguito, per intero.
La letteratura italiana ha sempre avuto scarsa propensione alla fantascienza.
Ancora meno a un tipo di science fiction nella quale le cognizioni scientifiche sono fondate e accompagnano il racconto, quasi con intento didattico nei confronti del lettore. Gli unici esempi importanti che ci vengono in mente sono costituiti da Le cosmicomiche (1965), Ti con zero (1967), e forse Palomar (1983), di Italo Calvino.
Ecco perché è stato con piacere che abbiamo accolto ne La scacchiera di Babele, il libro che vi accingete a leggere: Aria radioattiva. Il punto di non ritorno di Giuseppe Mazzilli. In questo romanzo l’autore, senza essere pedante, ci offre precise quanto preziose informazioni di biologia, chimica, fisica, geologia, informatica, cibernetica, che aiutano il lettore a capire meglio lo svolgimento degli avvenimenti (immaginari, ma non del tutto improbabili e tanto meno impossibili).
Mazzilli, da scienziato e tecnico, sa che le norme e i meccanismi che sovrintendono alla natura, alla vita, all’evoluzione delle specie, alla storia, alla società, alla psicologia, sono quasi immodificabili, e che, quindi, la ciclicità degli eventi domina il microcosmo e il macrocosmo, la sfera biologica e quella umana. Ecco, pertanto, che, entro questa concezione, i tre momenti – “momenti” nell’enorme scala del tempo dell’universo e dei suoi misteri – del presente, del passato e del futuro, sono collegati, tendono a replicarsi. Alla fine un filo riannoda tutto.
Così, in questo romanzo, ambientato in un futuro forse non troppo lontano, troviamo improvvisi salti temporali, apparenti smagliature, interstizi simmetrici, illusorie deviazioni, i quali invece si rivelano inesplorati quanto sterminati reticoli, fino alla conclusione, che, ovviamente, non anticipiamo.
A questa struttura “scientifica” e quasi “filosofica” si abbina una notevole sensibilità sociopolitica ed “ecologista”.
Molto interessanti sono le considerazioni che Mazzilli compie sul potere politico e sulle sue logiche perverse:
“”Gli uomini di potere vogliono che ci siano i cattivi. E se non ci fossero, sarebbero costretti a inventarli; dovrebbero creare degli antagonisti, dai quali la gente cosiddetta normale rifugge, e fugge proprio verso il potere. Anzi: lo fanno già. Dividi e comanda. Creare le condizioni per mettere l’uno contro l’altro; creare le streghe da bruciare, in modo che nessuno si accorga di chi li sta veramente bastonando. I “mariuoli” servono. Altrimenti i buoni a chi si rivolgono per essere protetti? Servono per far cadere i benpensanti fra le braccia di chi si atteggia a salvatore: i politici, appunto. E tu vuoi che siano proprio loro a privarsi di un simile veicolo pubblicitario? No… quelli da combattere, per il potere, sono altri. Pensaci un po’, Jus, se tu fossi al potere, chi vorresti eliminare, chi riterresti effettivamente pericoloso: il ladruncolo che ti deruba di qualche gioiello? […] Solo quello? No, no. Non arriviamo fin lì. Fermiamoci prima. Chi vuol privarti dei privilegi acquisiti! Quelli che tentano di sovvertire le regole precostituite, ovvero le regole che hanno stabilito loro. Per il proprio tornaconto. Quelli che hanno capito contro chi rivolgersi. E quando si accorgono che qualcuno tenta di farlo… beh, meglio farlo sparire. Ma bada. Farlo sparire puzzerebbe. Mandarlo in cura. Ecco. Lo si spedisce verso una fantomatica clinica, così ci si prende anche il merito di preoccuparsi dei cittadini. Quando il potere teme di perdere il potere, diventa despota. Così è costretto a controllarti. Se lo facesse tramite altri uomini, l’hai detto tu, si parlerebbe di dittatura, gli uomini se ne accorgono e il gioco finisce””.
Insomma, se la gente è preoccupata da ciò che le accade intorno, non può curarsi di quello che avviene sopra di lei.
Vi dice niente questa riflessione?
E, ancora, sui futuri guasti da “disattenzione” verso l’ambiente, l’habitat, il pianeta:
“”Jus, vivere in prigione, secondo te, è vivere? L’uomo è un animale libero. La cupola, per quanto grande, è pur sempre una prigione. Tu stesso per spostarti, per andare a studiare prima e lavorare poi, in un’altra cupola, sei stato costretto a decine di atti burocratici. La gente è stufa e vuole uscire. Purtroppo per la radioattività non è possibile. Forse questa nostra società sta pagando troppo gli errori della civiltà precedente; quella del nucleare””.
L’abilità dello scrittore si rivela dappertutto nel suo testo, ma specialmente nel delineare sfondi e paesaggi fantastici, scenari sorprendenti, a volte grandiosi, come nell’evento catastrofico descritto verso la fine del romanzo:
“Nonostante la notte fosse già alta, tutto intorno si stava illuminando di un colore giallastro e tremolante. […]
In meno di mezz’ora la lava arrivò e cominciò a premere contro la cupola. Nel frattempo, a qualche chilometro, si distingueva ancora lo sbuffo radioattivo e luminoso, sempre più alto, provenire dalla centrale nucleare. Evidentemente il suo nucleo radioattivo stava inabissandosi. I due fenomeni, lo sbuffo luminoso e radioattivo della centrale e il lento scorrere del fiume incandescente, erano sicuramente concatenati e si stagliavano nel cielo buio come in un macabro concerto”.
Arriviamo, infine, all’apocalisse, splendidamente “narrata” nei suoi terribili, eppure fascinosi abbagliamenti:
“D’improvviso l’avanzata della lava si arrestò. Ma durò poco.
Nel frattempo la centrale nucleare fece attirare l’attenzione su di sé: con un boato assordante e un tremore, che investì anche la loro postazione, ebbe inizio il suo sprofondamento. Il nucleo, anche se antico di migliaia di anni, era ancora ad altissima temperatura e fuse la terra e le iniezioni di cemento sotto di sé e s’inabissò; dal foro partì una spaccatura che cominciò a dirigersi verso il vulcano. Una ferita si aprì nella terra. A quel punto il tremore nel terreno divenne continuo. La ferita si allungava sempre più; diventò mobile, distinta, rossa e luminosa e avanzava verso il vulcano e dal suo interno salivano delle vampate festose. Le ondate di calore giunsero fino a loro. Le goccioline di sudore si distinguevano attraverso i caschi, resi luminosi dai riflessi delle fiamme. Il terrore immobilizzò i due. Il tremore della terra a tratti si attenuava per riprendere con maggior vigore.
Secondi interminabili.
E con l’ampliarsi di quella frattura nel terreno, Jus e Camrhia avvertirono che, neanche dal loro posto di osservazione, distante una trentina di chilometri, erano più al sicuro. Centrale nucleare e monte Fuji distavano oltre 20 chilometri, ma in poco più di dieci minuti la spaccatura coprì l’intero divario e la terra iniziò a tremare tutta. Dalla centrale ebbe inizio un lancio di rocce fuse verso il cielo, mentre dal vulcano la lava riprese il suo cammino, iniziando a salire di livello sul contorno della cupola.
I due presero coraggio e si allontanarono in cerca di un riparo dietro le rocce e da lì videro: la protezione elettromagnetica della cupola a tratti si dissolveva, ma nel giro di pochi minuti scomparve del tutto e il magma, fra spruzzi e flutti, di colpo si abbatté come un’onda del mare sulla città ormai scoperta, come un corpo senza pelle.
Il centro urbano, con le sue case, macchine, impianti e uomini, scomparve letteralmente, inghiottito dalle placide ondate rosse”.
Caratteristica che avevamo già riscontrato in un altro romanzo pubblicato nella presente collana, La polvere eterna di Giovanni Nebuloni, il protagonista maschile, Jus, viene spesso soppiantato dalla donna.
Forte, aggressiva, combattiva, fisicamente superiore, Camrhia è anche bella e sensuale.
Come scrivevamo nell’Introduzione a quel romanzo, è un “segno dei tempi, che, almeno nell’Occidente, vedono la donna assumere ruoli e atteggiamenti “virili”, con l’aggiunta di una disinvolta aggressività e spietatezza postfemminista”.
La mole delle tematiche cui abbiamo accennato non deve tuttavia far pensare a un’opera “difficile”.
Mazzilli usa dialoghi vivaci, l’intero testo è caratterizzato dall’ironia e dall’umorismo, riportando la quotidianità (le liti uomo-donna, la burocrazia, il rapporto con le macchine, insomma le problematiche comuni a ogni essere umano) entro tempi ed eventi eccezionali.
Né manca l’elemento splatter, ormai immancabile nella letteratura e nella cinematografia fantastica odierna:
“Lo spettacolo, all’interno della cupola, era tremendo. La protezione teneva ma il calore sembrava racchiudersi tutto all’interno. Col binocolo si distinguevano i corpi prendere fuoco come per autocombustione. Alcuni esplodevano. Tutti correvano nella direzione opposta a quella di arrivo della lava. Ma servì a poco perché era molto fluida e in meno di un’ora circondò l’intera cupola. In piccole zone la protezione non teneva e faceva passare, per pochi secondi o minuti, del fluido magmatico che investiva case e impianti, da cui partivano scintille e alte lingue di fuoco. In poco tempo l’interno divenne un inferno. Un enorme rogo. La cupola si illuminò direttamente dall’interno ed espanse la sua luce come un enorme abat-jour.
Ad alcuni chilometri sulla loro destra, a ridosso della montagna di osservazione, si intravide un polverone; una striscia di polvere che avanzava. “Animali! Bestie in preda al panico. Insetti e… mi sembra di distinguere anche dei topi. Se dovessero arrivare qui è meglio non farsi cogliere: ci schiaccerebbero”.
Osservando meglio, notarono degli insetti, anche in cielo, volare in tutte le direzioni. Infatti la cupola, con tutti i rifiuti prodotti e gettati all’esterno, era un ottimo punto di raccolta di animali. Mentre volavano, le loro elitre, sottili e vulnerabili, prendevano fuoco spontaneamente; istintivamente sbattevano più rapidamente i moncherini e le strutture alari restanti ma senza produrre portanza. Dopo un po’ si schiantavano sul terreno.
Poi si cominciarono a distinguere altri polveroni, altre migrazioni di insetti e ratti in massa.
Fortunatamente, nessuna prese la direzione della loro postazione”.
Tuttavia, l’orrore è misurato, nelle dosi e nei modi, tanto che si può senz’altro affermare che l’opera è adattissima anche, se non soprattutto, a un pubblico molto giovane.
Inoltre, i ritmi della narrazione sono vivaci e, specialmente verso la fine, travolgenti, con continui colpi di scena che non solo tengono ben desta l’attenzione, ma non lasciano un attimo di respiro al lettore.
Pertanto, non resta che augurare al lettore di immergersi, senza pericolo, in questa Atmosfera radioattiva e di lasciarsi cogliere da Il punto di non ritorno.
(Rino Tripodi, L’evoluzione e i cicli della Terra secondo gli sterminati reticoli spaziotemporali di Giuseppe Mazzilli, Prefazione ad Atmosfera radioattiva. Il punto di non ritorno di Giuseppe Mazzilli, inEdition editrice/Collane di LucidaMente)
L’immagine: la copertina del romanzo.
Claudia Mancuso
(LucidaMente, anno III, n. 11 EXTRA, 15 febbraio 2008, supplemento al n. 26 dell’1 febbraio 2008)