Con I Saggi della perpendicolarità linguistica (Bibliopolis, pp. 212, € 25,00), Graziella Tonfoni, studiosa angloitaliana di fama internazionale e ricercatrice presso l’Università di Bologna, ha dato alle stampe un contributo interessante e innovativo per la nascita di un genere saggistico che sappia coinvolgere, a un livello sempre e solo alto di contenuti, il lettore. Il metodo tonfoniano prevede la nascita di una nuova disciplina ad hoc: la letteratura computazionale.
Qual è la ragione di tale necessità? Ovvero della fondazione di un nuovo metodo che si basa, come tra breve vedremo, sull’autocommento e sulla riscrittura, quasi ossessiva, del proprio materiale intellettuale, onde evitare dispersioni di senso e facili distorsioni contenutistiche? La ragione vale ancor di più perché è estremamente extraletteraria e risiede, per riprendere le parole della Tonfoni, nella constatazione della “reale perdita di sensibilità contestuale”, nello spiazzamento in cui si trova ogni lettore, immerso nel marasma di informazioni, bibliografiche e non, dell’era multimediale. Siamo, in altri termini, alle prese con l’era dell’eccesso e della superficialità, con l’era delle informazioni fluttuanti che minano ogni possibilità sistematica di ricerca profonda: a tutto ciò la Tonfoni intende “resistere” proponendo un modello fortemente propositivo, semanticamente condivisibile, in contrasto netto con l’arbitrarietà dell’interpretazione testuale.
Occorre, in altri termini, rifondare il genere saggistico, formattando il testo e rendendolo sempre più comprensibile attraverso un’operazione autentica di autoriscrittura, di autoesplicazione, in cui l’autochiosarsi diventa fondamentale per integrare con precisione la difficile materia trattata. La Tonfoni si schiera, pertanto, contro il labirinto testuale postmoderno, contro il voluttuoso autocompiacimento della perdita di puntelli, di ancore. Se la reale e “vera innovazione scientifica e letteraria risulta essere quindi proprio il sapersi riscrivere”, l’operazione scientifica, da oggettiva qual è, passa ad essere letteraria, entra nel campo dell’immaginario, e si trasforma in contributo artistico. Per questo motivo, la scienziata si adopera per offrire alla sua nuova disciplina ad alta precisione anche una dimensione specificamente estetica.
Commentando la proposta tonfoniana, Laeng ha parlato di primo esperimento di scrittura “olografica”, ovvero di scrittura pluridimensionale connessa a più livelli di contenuto e senso. Seguendo questa direzione diviene possibile capire in che modo la letteratura computazionale favorisca la nascita di un nuovo tipo di scrittore rigorosamente postmoderno: il progettista testuale è unico e solo nell’opera di autocritica della sua opera, non può essere tradotto, può scendere a patti con un curatore ma è l’unico a conoscere le relazioni e i livelli di significazione del proprio testo riformattato e rivisto. La letteratura computazionale, in questo senso, nasce e muore con Graziella Tonfoni. E si propone come modello di scelta individuale.
Ascoltiamo ancora le parole della studiosa: “Lo stile progettato e praticato dalla medesima autrice implica operazioni di elaboratissimo ampliamento delle valenze significative di ogni elemento e singolo segmento della frase, tali da rendere plausibile, e quindi pienamente verificabile, che una unica progettista testuale, ovvero scrittrice, componga un testo apparentemente lineare che attraverso fenomeni di riflessione e rifrazione semantica, può essere letto da tre tipologie di lettori differenti, i quali ricavano ed evincono a partire dalla stessa costruzione sintattica tre livelli di significazione diversi, che scorrono paralleli a seconda del diverso oggetto e trama che ognuno si attende il testo debba contenere, in relazione a differenziati contesti comunicativi, predefiniti, senza interferenze”.
Graziella Tonfoni sta per dare alle stampe, fra l’altro, un’applicazione diretta della letteratura computazionale, un vero e proprio “Romanzo Testuale”, che glossato, commentato, autoriscritto e riposto su vari livelli ermeneutici da un apposito curatore, dia senso e importanza a una disciplina fortemente soggettiva, che vale come metodo gnoseologico nell’orizzonte della pratica scrittoria singola, anche se è fortemente auspicabile un orientamento di pensiero che ritrovi nella scrittura una mappa del sapere acquisito e una nuova possibilità espressiva.
L’immagine: la copertina de I Saggi della perpendicolarità linguistica.
Marco Gatto
(LucidaMente, anno II, n. 22, ottobre 2007)