In un numero di LucidaMente dedicato alle brutture del nostro Paese, non poteva mancare un accenno al maltrattamento degli animali, così diffuso nel Belpaese. Sarà a causa della mentalità derivante dalla religione cattolica, la quale, tranne che con rare eccezioni (san Francesco), non riconosce non solo alcun diritto, ma addirittura nessuna sensibilità ai nostri piccoli amici, gli italiani non eccellono nel rispetto della fauna, selvatica e non. E questo si nota ancor di più nell’estate, quando cani e gatti vengono abbandonati dai loro sconsiderati “padroni”. Ci dà il destro per toccare la problematica la bella poesia di Leopold Persidi, commentata con sensibilità animalista dal nostro Giuseppe Licandro.
Là lungo il fiume, sulla nuda terra,
riposano i miei piccoli
in compagnia dei miei pensieri d’affetto e di pietà.
Nostalgia di ricordi passati, quando vivi,
erano accanto a me festosi.
Ora dormono nella quiete, in una patria lontana,
annullati e dimenticati per sempre, non da me,
in un luogo senza ritorno privo di afflizioni.
Erano sinceri i miei pianti
e le mie preoccupazioni,
quando accorrevo trafelato
e li vedevo precipitati nella miseria del dolore.
Come riparare alle loro ferite,
alle loro piaghe mai rimarginate,
alle tribolazioni e alle offese fatte sino alla morte.
Cerco di riscattare il “malfatto” dagli indegni,
non precipitare nelle lacerazioni della disperazione,
riscaldare con il mio cuore quello che ormai è già spento
e dar calore all’aria fredda rarefatta
dove le mie creature riposano.
Risalire, costeggiando il corso del fiume,
tornando a ritroso con la mente,
riprovare le sensazioni una seconda volta,
e le emozioni ormai fuggite.
Riporre i ricordi trascorsi come reliquie
e tenerli celati in un cantuccio del cuore.
(Lungo il fiume)
Leopold Persidi
Nato a Olevano Romano nel 1934, il poeta, che usa uno pseudonimo, vive a Roma, dove ha svolto innumerevoli lavori, tra cui la comparsa cinematografica e l’attore teatrale. Autodidatta, è appassionato di arte, musica, letteratura e storia. Pur essendo invalido civile, si occupa a tempo pieno dei gatti abbandonati, che cerca di salvare dalle diaboliche cattiverie degli esseri umani.
IL COMMENTO CRITICO
Chiunque sia stato a Roma, anche solo di passaggio, avrà certamente notato, all’interno della bellissima cornice dei ruderi e dentro le lussureggianti ville, una inconsueta presenza di animali, soprattutto di gatti, che, mollemente, si crogiolano al sole. E, in attesa di qualche prelibato boccone, si offrono alle carezze dei passanti senza timore, ignari del male che potrebbero ricevere.
Che differenza rispetto ai soliti gatti randagi di altre città, sospettosi e – giustamente – restii a farsi avvicinare dalla mano umana!
Simbolo del dolore universale – Persidi ci proietta con i suoi versi in una dimensione tragica della vita, che nasce dalla constatazione delle crudeltà inferte agli animali da uomini “indegni”. Egli, risalendo il Tevere, ricorda i suoi “piccoli”, i gatti randagi romani che ha amorevolmente accudito, tentando di difenderli dalle violenze gratuite dei sadici. Ma ogni sforzo è stato vano: l’insensata malvagità degli umani è prevalsa, provocando la morte di alcuni dei suoi festosi amici. A lui non è rimasto altro da fare che onorarli con una degna sepoltura, lungo le sponde del mitico fiume, mantenendone sempre vivo il ricordo “in un cantuccio del cuore”, come avviene con le persone più care. Del resto, le tribolazioni patite dagli animali assurgono senz’altro a simbolo del dolore universale, incarnando, come ci ha insegnato Umberto Saba ne La capra, “ogni altro male / ogni altra vita”.
Compagni di viaggio – Nella poesia emerge dirompente l’amore per la vita dell’autore, cui si contrappone la necrofilia dei brutali persecutori dei gatti. L’atteggiamento dell’autore può sembrare eccessivo, soprattutto se si guarda il mondo con l’ottica antropocentrica che ha distinto tanta parte della cultura occidentale. In verità, il rispetto verso gli altri esseri viventi è segno non solo di nobiltà d’animo, ma anche d’intelligenza: gli animali sono i compagni del nostro viaggio all’interno dell’universo e vanno salvaguardati, al pari dell’intera natura, perché ci aiutano a vivere meglio. Come si fa a dimenticare che proprio la compagnia di un animale domestico può risultare fondamentale per l’esistenza di tante persone, affette da disturbi psicologici o abbandonate a loro stesse, dimostrandosi una terapia più efficace degli inutili e dannosi farmaci antidepressivi? Ci chiediamo anche come possa l’uomo provare piacere nell’infliggere dolore a esseri così belli e affascinanti come i gatti. E, più in generale, a tutti gli animali.
L’immagine: particolare di Gatto 3 del nostro fotografo Giordano Villani.
Giuseppe Licandro
(LucidaMente, anno II, n. 19, luglio 2007)