I rappresentanti di varie associazioni impegnate nelle problematiche della bigenitorialità hanno inviato una lettera al ministro della Giustizia Paola Severino. Ne pubblichiamo il testo
Al ministro della Giustizia Paola Severino, in un’ottica di collaborazione e risoluzione, affinché fra le “emergenze sociali” anche questa venga risolta al più presto e nel migliore dei modi.
La famiglia potrà avere un “domani” solo se “oggi” le verrà data l’opportunità di crescere in libertà e consapevolezza. Salviamo la famiglia che si separa. Salviamo le famiglie che si formano dopo una separazione/un divorzio.
Gentile ministro, siamo consapevoli della lunghezza della disamina che le sottoponiamo, visto l’osservatorio “privilegiato” da cui le associazioni come le nostre guardano la scena sociale, ma la invitiamo alla lettura, comprensiva dei punti finali, risolutivi. Reputi questo documento un vero e proprio termometro del sociale. Siamo a favore di una politica che anticipi i problemi con capacità propositiva ecco perché questa nostra lettera che richiede un intervento, comunque tardivo.
Separarsi, oggi, rappresenta un evento con risvolti troppo spesso inaspettati: manca una cultura separativa, sebbene le separazioni attualmente abbiano raggiunto numeri di tutto rispetto. Manca una cultura introiettata del dovere e del diritto separativo, soprattutto in presenza di figli minori. Troppi, anche e soprattutto tra gli “addetti ai lavori”, confondono impropriamente il concetto di coniugalità con quello di genitorialità. Grave errore!
La famiglia può e deve trovare le condizioni di potersi salvare anche se si separa, ed è questo l’appello che rivolgiamo al governo tecnico. La “famiglia” non può divenire carne da macello con la separazione, ma deve potersi anche riconfigurare, nel rispetto delle parti e soprattutto dei figli: è solo un fatto di evoluzione sociale, un fenomeno da accogliere, comprendere e aiutare. Le famiglie di seconda generazione sono una realtà che cauterizza molte ferite, riaprendo la speranza degli individui a un nuovo progetto familiare. Questo è bene che tutti lo comprendano, lo accolgano e ne siano consapevoli. Occorre “liberalizzare” la famiglia nel pieno rispetto dei soggetti coinvolti, affinché gli attuali modelli restrittivi, mortificanti e annichilenti, lascino il posto a nuovi modelli portatori di speranza nel futuro. Si tratta di un’evoluzione ormai indispensabile.
La premessa è insita nella Convenzione dei diritti dell’infanzia di New York (1989), che stabilisce che occorre porre più cura e attenzione ai bambini in ogni parte del mondo; donare loro, in poche parole, serenità e futuro. L’Italia ha accolto e ratificato questo accordo etico e di civiltà, cercando di dare un segnale “all’italiana” e producendo poi una legge (54/2006, affido condiviso dei minori) piena di buoni intenti, ma subito svuotata quasi integralmente nei suoi contenuti, e pertanto tradita nel suo spirito originario. Da un lato per non urtare il senso di “maternità” diffuso nel nostro paese; dall’altro per far sì che gli interessi economici legati all’ambito delle separazioni potessero proseguire esattamente come prima. Cosa si intende per interessi economici? Si intendono denaro e casa, ma anche “possesso” dei figli. Eppure la premessa della legge era chiara fin da subito: i figli in mezzo alla coppia genitoriale anche dopo la separazione.
Oggi, purtroppo, ci si trova davanti ad un fallimento abilmente pilotato. Figli ancora in ostaggio e utilizzati come merce di scambio; figli manipolati e soggetti a sindrome di alienazione genitoriale fin dalla tenera età; figli che, nella migliore delle ipotesi, in questa guerra predatoria, sono candidati a sviluppare turbe psichiche e gravi patologie comportamentali che potranno essere (forse) elaborate e superate solo in seguito a lunghi percorsi di riabilitazione psicologica. Qualcuno si è mai chiesto quanto costerà tutto questo, in termini di destabilizzazione sociale e spese sanitarie, allo Stato italiano nei prossimi anni?
O famiglia canonica o carne da macello. Eppure, altre strade esistono. Un sistema pre-confezionato e strutturato affinché produca dei pessimi risultati. Le cause? Il pregiudizio, le convenienze di questi e di quelli, l’ignoranza, la mancanza di una cultura laica dello stato, l’eccessivo carico di lavoro dei tribunali, le convenzioni, un certo sessismo anacronistico, le discutibili procedure di alcuni centri antiviolenza (come riferito anche da molti magistrati), le interferenze degli ordini di categoria, il potere di alcune lobby professionali, gli interessi di chi vuole che nulla cambi, le resistenze culturali e la pigrizia di chi non ha troppa voglia di impegnarsi seriamente sul lavoro. La legge dovrebbe essere applicata anziché discussa o continuamente interpretata, quindi limitata, se non addirittura stravolta. Tutto ciò ha fatto sì che la legge sull’affido condiviso, dal 2006 a oggi, non abbia fatto evolvere la società italiana al livello di consapevolezza da tanti ansiosamente atteso.
Al contrario, è risuonato chiaro un “NO” allo sviluppo sociale, al progresso mentale di un popolo, all’emancipazione vera delle donne che, ancora una volta, sono state ricacciate nel vecchio e stereotipato ruolo di fattrici, balie e vivandiere senza alcuna considerazione per le giuste e sacrosante esigenze di realizzazione personale sul piano lavorativo e sociale. Le donne, infatti, laddove scolasticamente preparate e umanamente in buona fede, rifiutano con forza lo status di mantenute a vita “legalizzate”! Le pari opportunità devono esistere anche tra donne che fanno alcune scelte e donne che fanno altre scelte. Devono esistere pari diritti tra madri e padri, madri e madri, padri e padri, ma, soprattutto, devono esistere pari diritti e opportunità tra figli e figli. La mancata applicazione della 54/2006 ha invece determinato distorsioni, quindi nuove sofferenze, aberrazioni e palesi ingiustizie.
In buona sostanza la 54/2006 è risultata, grazie all’inapplicazione, una legge vanificata, una promessa mancata, un impegno dribblato, un colossale bluff, insomma, un tradimento verso le cittadine e i cittadini italiani! Non si sono mai volute trovare le condizioni per porre i figli perfettamente al centro di papà e mamma. A tal proposito circolano alcune tesi controverse (la più in voga fra i magistrati: l’impropria “scrittura della legge” e la maleducazione dei genitori italiani); inoltre si ravvisa, da parte della magistratura stessa, un’inspiegabile resistenza nell’applicare una legge dello Stato.
La stessa magistratura che parla di “padri assenti” è però poi la prima a limitare le “visite” paterne a un week end ogni 13 giorni; la stessa magistratura che critica la “mercificazione del minore” poi però è la prima ad assegnare un valore “monetario” ai figli (assimilandoli a delle merci per le quali si paga una sorta di leasing); la stessa magistratura che parla di “tutela del minore e della bigenitorialità” è poi la prima che, stabilendo a priori “collocamenti prevalenti” (inesistenti nella legge) e conseguenti assegni perequativi (inesistenti nella legge che parla di “mantenimento diretto”), ribalta la causa con l’effetto (il genitore che rifiuta di dedicare del tempo ai figli è quello che dovrebbe essere costretto a pagare un assegno, e non il genitore che vorrebbe stare con i figli e al quale viene impedito su una base meramente pregiudizievole, con successiva imposizione di un assegno da pagare! Come dire: oltre al danno anche la beffa); la stessa magistratura che fa calcoli economici sulle potenzialità lavorative e ordina verifiche sulle “presunte” entrate extra o in nero del genitore padre è poi la prima che si “dimentica” di usare la stessa severità, a parità di “presunzioni” (a volte anche con prove evidenti alla mano) verso il genitore madre (ma quale migliore arma, per combattere l’evasione e il lavoro nero, di una bella verifica fiscale in sede di separazione e/o divorzio a carico di entrambi i coniugi?); la stessa magistratura che parla di “coniuge debole” (e il sesso non è specificato!) è poi la prima che assegna ogni possibile benefit economico anche a chi talvolta, tra i due, è tutto è fuorché “debole”; la stessa magistratura che pontifica di scarsa “educazione dei genitori” è poi la prima, in nome di un atteggiamento pre-confezionato, che fa litigare selvaggiamente alcuni coniugi che, avendo già raggiunto, per conto proprio, un punto di equilibrio, vengono ingabbianti “a prescindere” in un incomprensibile dedalo di regole non richieste e, spesso, nemmeno necessarie Ogni legge che abbia imposto la decadenza di ingiusti privilegi non ha mai avuto facile attuazione, ne siamo ben consapevoli.
Quello che cerchiamo è Giustizia, ma che sia Giustizia per tutti: bambini, madri e padri. Non ci devono essere né vincitori né vinti, perché perdurando così le cose, si è tutti dei vinti. Una grande fetta di responsabilità è anche di quella politica che sostiene le lobby vetero-femministe nel timore di perdere i voti delle donne, a dimostrazione del fatto di non essere in grado di distinguere il concetto di femminilità da quello di femminismo. Far risalire la totalità delle donne italiane a un’unica matrice possibile, nonostante ci siano delle differenze macroscopiche, è davvero un errore grossolano. Lobby che perorano la causa che i figli siano “affari solo da donne” e che gli uomini siano solo “funzionali” alla riproduzione e al mantenimento (vedasi anche alla voce: bancomat).
Senza rendersi conto che vi sono donne e donne e che, oramai, molte di queste donne vengono schiacciate, svilite e sfruttate economicamente da altre donne. Prendiamo ad esempio il caso di quelle che pretendono i sacrosanti diritti del primo matrimonio e si trovano a confrontarsi con altre donne che ricompongono famiglie con gli ex mariti di queste, magari dando alla luce figli di secondo letto. Pochi si accorgono di questo aspetto: ai figli di primo letto vengono assicurati tutti i benefici, agli altri… nulla. Una debolezza, una mancanza attenzione al valore della ricomposizione affettiva e soprattutto una grave mancanza nei confronti della maternità!
Solo un arcaico ordinamento familiare di stampo medioevale può privilegiare le donne arrivate prima e condannare le donne arrivate dopo; trasmettere beni e titoli ai figli nati prima ed escludere, dalle stesse opportunità, i figli nati dopo…. ma i figli, non sono forse tutti uguali? E le donne e le madri, pure, non sono forse tutte uguali?
Una cosa però è drammaticamente certa. Oggi, se due genitori si separano, per i bambini significa quasi certamente perderne uno dei due (che di solito è il padre nel 90% dei casi). Triste storia che non può più durare. Le lobby e gli interessi di categoria davanti ai bambini dovranno fare un passo indietro, il buonsenso dovrà prevalere, il governo tecnico dovrà mettere una pezza anche a questo meccanismo disumano per “svecchiare” la famiglia italiana. Uno sforzo doveroso che effettivamente occorre da troppo tempo: una “liberalizzazione”.
Siamo preda di un sistema ove quotidianamente avviene lo stupro del ruolo genitoriale. La percentuale (90%) dell’esclusione paterna dalla vita dei figli è così prepotente che si apre a più letture, ma l’unica che ci interessa ora è quella che sta dalla parte dei bambini i quali, perdendo un genitore, perdono anche il modello educativo legato alla figura paterna e della sua missione nel fornire “le ali ai figli” affinché un domani siano in grado di trasformarsi in uomini e donne protagonisti del loro tempo e non restare per sempre “bamboccioni”, ovvero passivi e viziati inquilini di famiglie monogenitoriali.
Dove e come si può cambiare? Come e dove occorre alzare una diga e, allo stesso tempo, aprire dei canali di sfogo? Gli interventi da fare sono tutti importanti, urgentissimi e per molti versi anche semplici. Ci permettiamo di segnalare alcuni passaggi che reputiamo, anche a nome delle associazioni e dei movimenti che rappresentiamo, essere passaggi chiave.
Primo. Un doveroso cambio di prospettiva, valido per tutti: mettersi dalla parte del bambino e del suo diritto ad avere sempre due genitori (ammesso e non concesso che siano entrambi persone dignitose e adeguate). Occorre garantire ai figli dei separati la condizione di non perdere un genitore dopo la separazione. Principio da difendere a spada tratta ma anche azione che restituisce dignità, soprattutto agli occhi dei figli, alla famiglia separata, alla società civile.
Secondo. Rivedere, alla luce dei nuovi scenari sociali e culturali, il Diritto di famiglia. La famiglia è radicalmente cambiata negli ultimi cinquanta anni, o almeno dall’avvento del divorzio ad oggi (1970); occorre accettare l’esistenza delle nuove famiglie, quelle allargate o di seconda generazione. È necessario cogliere il vero significato della famiglia contemporanea, mutata nella sua struttura e, per certi versi, ormai molto distante da quella dei primi del Novecento, sebbene sempre “tradizionale” nelle sue fondamenta fatte di convivenza, educazione, affettività, protezione, sostegno e fiducia. La famiglia è la cellula base di ogni società: se scomparisse la voglia di fare famiglia (e ci siamo vicini) la società italiana si disintegrerebbe!
Terzo. Introdurre la cultura della bigenitorialità nelle scuole, in quanto fondante del diritto del minore, oltre che messaggio etico a tutela delle relazioni con entrambi i genitori. In alcune classi, oggi, il 50% degli alunni sono figli di separati. È pertanto importante introdurre uno strumento culturale per fornire basi che possano, fin dall’infanzia, portare i bambini e i giovani verso la consapevolezza dei loro diritti naturali, con un’azione educativa rivolta anche non solo ai genitori ma anche al personale scolastico preparandolo adeguatamente a tale scopo. Ad oggi esiste solo una circolare (Moratti) che indica aspetti legati all’equo trattamento delle figure genitoriali a scuola, ma persistono grosse resistenze verso i genitori non affidatari che vivono spesso con disagio resistenze da parte degli insegnanti e annotiamo nella cronaca dei quotidiani, avvenimenti assolutamente poco civili.
Quarto. Punto difficile ma indispensabile: responsabilizzazione etica di ciascuno degli attori presenti sulla scena sociale, giuridica e legale affinché siano obbligati ad agevolare le condizioni di una reale ed equa frequentazione dei figli nei confronti dei propri genitori, oltre che messi nelle condizioni di applicare severe e rapide forme di dissuasione per chi ostacolasse la frequentazione con l’altro genitore.
Quinto. Introdurre i patti prematrimoniali da predisporre in un clima di “disinteressata progettualità dell’unione”. Patti utili a non perdere di vista anche la possibilità di una decisione che potrebbe mutare nel tempo. Patti da scrivere e firmare in un clima di reciproco rispetto fra i contraenti, nel quale siano comprese le relazioni con eventuali figli. Occorre accompagnare al tramonto l’era della “responsabilità di un solo soggetto” che paga per tutti se fallisce il progetto di due soggetti, in un’ottica di reali pari opportunità: pari diritti e pari doveri ergo, pari responsabilità. Non sono più possibili deroghe a fronte di un rilevantissimo calo dei matrimoni e della natalità: oggi solo uomini sprovveduti ed ingenui osano “fare famiglia”, stanti le attuali premesse di iniquità garantita se l’unione dovesse naufragare. Il fenomeno della coppia che scoppia e fa danni, deve essere arginato dall’introduzione di meccanismi utili a evitare possibili “manipolazioni”. È sulla coppia di oggi che occorre lavorare per produrre in futuro coppie consapevoli e figli più sereni. Senza dimenticare che i figli di oggi saranno gli adulti che genereranno le coppie e le famiglie di domani. La consapevolezza del “futuro” deve essere accompagnata da un senso di responsabilità chiaro fin dall’inizio per predisporre una linea di sviluppo che non preveda giochi truccati in partenza o nuove discriminazioni sessuali a compensazione di vecchie discriminazioni sessuali, in un’escalation di orrori alimentati da ingiustizie sociali e da squilibri creati dall’incapacità di adeguarsi ai tempi in cui viviamo.
Sesto. Occorrerà introdurre la mediazione familiare come passaggio intermedio fra fase finale del rapporto e la separazione vera e propria, allo scopo di valutare concretamente la disponibilità di entrambi i genitori davanti alla premessa di garantire sempre due genitori e quattro nonni a tutti i figli dei separati, e su questa premessa basare la frequentazione dei minori con i loro affetti primari e i rispettivi rami parentali. Perché oggi, quello che accade, non è solo la separazione dalla figura paterna, ma anche la separazione dai nonni paterni, dagli zii paterni, dai cugini della famiglia paterna, etc. Una volta compresa e valutata la disponibilità dell’entourage dei parenti, apparirà chiaro ciò cui un figlio può accedere! Occorre fare molta attenzione quindi ai genitori che ci sono e che sono disponibili anche dopo la separazione. È indispensabile rivalutare i genitori presenti e disposti a prendersi cura dei figli, vero segnale di civiltà, senza pregiudizi sessisti o culturali di sorta.
Infine, aggiungiamo che le Pari Opportunità nel nostro paese devono far sì che le donne possano vedere valorizzate le proprie qualità intellettive e umane ovunque, in un processo volto alla parità e alla meritocrazia “asessuale” che sigli l’indipendenza economica del genere femminile. Tutto ciò porterà all’inevitabile assunzione di diritti e di doveri, di oneri e di onori nell’abbandono definitivo di una condizione succedanea a quella maschile e nell’ottica di una responsabilizzazione alla pari senza favoritismi pregiudizievoli dall’intento, tra l’altro, “falsamente emancipante”.
Oggi che la percentuale di richieste di separazione supera il 70% da parte delle mogli (e questo implicitamente dovrebbe far riflettere) occorre eliminare, dalla condizione di richiesta di separazione e/o divorzio, qualsivoglia business o interesse o speculazione. Le persone che mettono al mondo dei figli devono essere consapevoli di non possedere delle proprietà esclusive ma solo dei figli da amare e accudire con rispetto, non con egoismo; dei figli da proteggere senza impedire loro di decollare verso il futuro che li aspetta. Magari, culturalmente parlando, sarebbe anche auspicabile l’istituzione di corsi prematrimoniali laici ai quali le future famiglie potrebbero accedere, lavorando così in fase preventiva: nell’ottica che “è meglio prevenire che curare”, ma ove occorre curare, oggi, che lo si faccia e presto!
Siamo piacevolmente stupiti della spinta e risolutezza di questo governo tecnico. Speriamo contagi la precedente classe politica, così priva di uno sguardo “d’anticipo” che ha fatto perdere tanto tempo alla nostra nazione e il “polso” del sociale e ha aumentato il divario fra il popolo e lo Stato.
Ammesso che Lei possa non essere pienamente a conoscenza di alcuni dei punti indicati, ci rendiamo disponibili a relazionarla de visu e confrontarci con Lei. Cogliamo questa occasione per proporle un incontro tenendo presente che tutti, tranne Tiziana Arsenti (residente a Roma), abitiamo nel Nord del paese. A tal proposito e venendo incontro ai Suoi impegni istituzionali, potremmo suggerire un incontro anche al di fuori della sede di Roma, ovvero in altro luogo del Settentrione a Lei più confacente e logisticamente più favorevole. Ringraziandola per il Suo tempo, Le rinnoviamo la nostra disponibilità e cogliamo l’occasione per porgerle i nostri più rispettosi e cordiali saluti augurandole buon lavoro.
Roberto Castelli – presidente Associazione Genitori sottratti – Associazione per la bigenitorialità – Bologna; mail: r.castelli.posta@libero.it; cell. 339 3010889
Adriana Tisselli – responsabile Movimento femminile per la parità genitoriale – Milano; mail: mfpg@hotmail.it; cell. 338 2106 487
Laura Besana – presidente coordinatore Associazione Figli per sempre onlus – Sezione di Milano; mail: soleadest@gmail.com; cell. 334 9091384
Tiziana Arsenti – presidente Associazione Papà separati dai figli onlus – Roma; mail: tiziana.arsenti@gmail.com; cell. 333-4795206
LucidaMente si è già occupata più volte delle tematiche trattate nella lettera pubblicata, ad esempio con il recente Le due caste più intoccabili di tutte, ovvero segnalando alcune iniziative sulla questione della bigenitorialità da parte dell’Associazione Adiantum o del Comitato dei cittadini per i diritti umani-Ccdu o alcuni casi personali («Io e la giustizia italiana: dalla condanna per pedofilia all’assoluzione»).
(LM MAGAZINE n. 22, 14 febbraio 2012, supplemento a LucidaMente, anno VII, n. 74, febbraio 2012)
Nel condividere pienamente le osservazioni e gli argomenti trattati dai firmatari della lettera, e sottoposti alla riflessione del Ministro della Giustizia, auspico con forza che il Ministro Paola Severino voglia prendere in seria considerazione le importanti e gravi problematiche ivi sollevate e che da tempo stanno assumendo il rilievo di emergenza sociale primaria.
Mi chiamo Clara Ferranti, sono docente universitaria, separata, con una figlia e con una unità familiare ricostruita, nonostante le evidenti carenze e inefficienze della magistratura e del sistema giudiziario italiano, grazie unicamente alla comune volontà – del mio ex-marito e mia – di dare piena applicazione alla legge sull’affido condiviso, con pari tempo, pari responsabilità e azzeramento di ogni pretesa di tipo economico-patrimoniale, in un’ottica di collaborazione, di reciproco rispetto e di amore nei confronti di nostra figlia.
Gli atteggiamenti e i comportamenti ben noti assunti da molti genitori separati, ed efficacemente richiamati nella lettera, sono distruttivi e hanno conseguenze devastanti soprattutto per i figli, ma anche per i genitori stessi e per la società tutta. Dinanzi a questa grave lesione il governo non può continuare a lasciare i coniugi che si separano in balìa di loro stessi, senza alcun tipo di sostegno concreto e guida istituzionale che aiuti ed educhi i coniugi a perseguire il solo bene comune.