“Il torso è grigio scuro, flessibile, e terribilmente coriaceo”. Di che parliamo? Di un animale? Di un’ameba? No: del mammasantissima doroteo del Nordest. Una specie apparentemente estinta da Tangentopoli: “Esseri Antichi che si suppone abbiano creato la vita terrena per scherzo o per errore”. Esseri dotati di una morfologia anatomica che lascia intravedere la loro attitudine alla ramificazione tentacolare, capillare e praticamente ubiqua, della loro espansiva influenza e conseguente controllo/fagocitamento dell’ambiente: “Ogni singola appendice […] si suddivide in cinque sottoappendici, ciascuna delle quali si divide a sua volta […] in cinque peduncoli affusolati, simili a piccoli tentacoli, in modo che ogni appendice dispone di venticinque tentacoli. […] Tutti questi organi sono terribilmente duri e coriacei, ma estremamente flessibili”. Questi abominevoli Esseri Antichi “probabilmente rappresentano l’evoluzione incredibilmente avanzata di radiati che non hanno perso certe caratteristiche primitive” (Howard Phillips Lovecraft, Le montagne della follia).
Orrorifici paragoni a parte, la struttura socioeconomica del Nordest italico pare organizzata proprio in maniera tentacolare; ed i tentacoli si riuniscono al vertice per creare una vera e propria Cupola.
Niente di nuovo sotto il sole, tutto il mondo è paese, direte. Ed avrete ragione, dati i vasi di Pandora che ciclicamente vengono scoperchiati, nel nostro Belpaese: dalle Alpi di Calciopoli alla Pummarola Napulitana della Cirio; passando per il Pio Albergo Trivulzio lumbard, e dalla grossa grassa Fattoria Parmalat. Unico posto al mondo dove il latte lo producono non dalle mucche (quelle vogliono scappare, poverine, tutte nel settore-Parmigiano Reggiano, della staccionata…), bensì dall’acqua! Provate ad assaggiarlo e poi mi direte. Ma, se questo è il marcio, la regola non fa eccezione, in barba alla povera matematica. Del resto, in questo Paesello di strapaesane e pacchi del Novello Triunvirato Bonolis(e)-Pupo-Clerici, la cosiddetta formazione scientifica è da che mondo e mondo mortificata. Dalla riforma scolastica varata dal mai troppo compianto (dall’establishment, beninteso!) Giovanni Gentile e dall’antipositivismo idealista, che, ancora un poco prima del fatidico 1923, le fece da substrato teoretico. E poi ci si meraviglia che una men che infima porzione di pil sia destinata a ricerca e sperimentazione. E poi si piagnucola sulla segregazione formativa, dimenticandosi che l’istituto magistrale – pardon: liceo pedagogico! – è ancora considerato scuola per femminucce e l’Industriale per maschietti. Ché se ci trovi una professoressa è sempre quella d’italiano o matematica (sovente laureata in Scienze biologiche, poi…), mai di curricoli specifici di quell’indirizzo!
Ma il Nordest ha sviluppato un quid pluris, e non solo in termini di effimero traino alla decrepita e provinciale economia dell’Italietta. In cosa questo di più consista ce lo spiega Giuliano Ramazzina – giornalista rovigotto, che scrive per il Resto del Carlino -, in due suoi saggi complementari: Fuori Mercato e Nordex. Li trovate editi in un singolare formato: il tabloid. Infatti, la casa editrice Novarete.it li definisce librali (neologismo nascente dalla fusione dei due lemmi “libro” e “giornali”). Fuori Mercato fotografa impietosamente la struttura paternalistica e del tutto avulsa da logiche che possano dirsi di sana concorrenza, dell’economia di “Padania City”.
La tentacolarità strutturale parte dalle “Famiglie-Ragno”: “Questi gruppi fondamentalisti a tendenza massonica – per non dire mafiosa! (ndr) – sono a prova di bomba. Nel loro interno si formano, blindati da tentazioni o fughe in avanti – ovverosia, da una sana logica competitiva e meritocratica (ndr) -, i dirigenti destinati a perpetuare quella ragnatela di potere gestita, senza concessioni o deleghe, dal dopoguerra ad oggi”. Che generano sempre e solo una tipologia cromosomica di figliolanza, “l’imprenditore del quieto vivere”: “L’imprenditore in genere è un continuatore dell’impresa di famiglia sprovvisto di fantasia. Cresce come un cocco di mamma, protetto. Anzi, iperprotetto. E dal padre eredita tutto il sapere sufficiente solo a dare continuità ad un potere di lobby strapaesana. La sua mentalità viene costruita esclusivamente sulla preservazione della “roba” – proprio come i verghiani Mazzarò o Mastro-Don Gesualdo, ricordate? Ed eravamo a poco più di un secolo fa! ndr – già acquistata e sull’accumulazione di un capitale tutta giocata sulla mediazione e compromesso, mai sulla concorrenza. Anzi, la concorrenza va rimossa, proprio grazie alla raccomandazione o al favore mediante capacità relazionali di tipo clientelare”.
Una logica ottusa, una Coscienza Collettiva del Pressappochismo che farebbe impazzire di gioia Durkehim. Altro che spazio all’individualismo ed alla creatività; qui si tende al Livellamento generale, alla decozione sociale, alla stagnazione dei cervelli. Nell’imprenditoria come nei pubblici concorsi, dove sovente questa nefanda prassi è codificata sotto forma di becera categoria di derivazione veterofunzionalista, che i signori Psicologi Selezionatori osano pomposamente proclamare Conformità-al-Ruolo. Con buona pace di Sigmund Freud, ora è Talcott Parsons il dio di questa pseudocategoria di controllori sociali, grazie ai quali il predetto non uccide più solo i cervelli delle ragazze dei colleges femminili statunitensi degli anni Cinquanta. L’accettazione dello status quo ogni tanto prevede, a Padania City, un meccanismo di autopreservazione dall’eccezione, dal creativo “ribelle”, la cosiddetta “strategia del tappo”: “A volte vengono tollerate delle eccezioni che tuttavia sono organiche all’arengo. Intellettuali, critici o artisti che con il tempo sono diventati “personaggi”, vengono riconosciuti come tali, ma per non essere cacciati, devono accettare un ruolo preciso: quello di “tappo””. Ossia: farsi a loro volta guardiani dello status quo; una sorta di Psicologi Selezionatori, insomma. Ah, Orwell, Orwell…
Nordex, invece, inquadra un’altra e complementare tipologia di coriacei Antichi lovecraftiani: la faccia politica del Nordest. I Dorotei. Di cui Ramazzina ricostruisce la storia sociopolitica, arrivando alla costruzione di una mitologia antieroica, ma molto molto veridica e verace. Ogni narrazione mitologica, ogni éskaton, esige che si parta dal principio (proprio come fa l’evangelista Giovanni): “I dorotei rappresentano la corrente dc top nella hit parade del potere. La Balena Bianca uscita dalla guerra si frammentò virtuosamente e le diverse anime facevano capo ad un leader che identificava l’aggregazione. Tutte si distinguevano per la capacità di muoversi trasversalmente all’interno del partito e tra partiti alleati. Così a fianco dei dorotei convivevano morotei, andreottiani, fanfaniani ed i donattcattiniani”. Queste formichine con tanto di capoformichiere “vivevano da separati in casa, discutevano, spesso si accapigliavano. Poi in tempo di elezioni le liti finivano perché c’era da spartirsi la torta col manuale Cencelli”.
Ricordate gli Antichi? Lovecraft li definisce CORIACEI. Leggendo quanto segue, vien fatto di credere che il poveretto avesse capacità profetiche, per di più a prova di traversata oceanica! “La regola più totalizzante venne applicata sempre e comunque nel Veneto e nel Nordest dove i dorotei, fin dal raduno nel convento di Vicenza, sono stati ideati in maniera così forte e chirurgica da sopravvivere a distanza d’anni alla fine della dc, dopo avere ingoiato lo svelamento della loggia massonica P2, la morte prematura dei capi e Tangentopoli”. Tutto il resto, caro il pur simpatico Califfo Califano (patetica icona maschilista riciclata dalla Nostalgia Canaglia di amarcord televisivi scopiazzati da format anglosassoni), non è Noia; è l’Oggi: “Anziché scomparire depressi da traumi umani, giudiziari e politici sconvolgenti, dopo una breve parentesi di riflessione, forti anche di consistenti risorse finanziarie ereditate e spartite, ripartirono per una grande avventura che è tuttora in corso, in uno scenario favorevole dominato dall’avvento di Berlusconi”. Guardare i risultati elettorali delle più recenti consultazioni amministrative, per credere…
L’immagine: La parabola dei ciechi (1568) di Pieter Bruegel (circa 1525-1569).
Elisabetta Blasi
(LucidaMente, anno I, n. 12, dicembre 2006)