Due donne bellissime, nate nello stesso anno, talentuose e tormentate dal male di vivere…
Ci sono esseri che non appartengono alla Terra. Ci sono esseri bellissimi, ma troppo fragili, che non dovrebbero conoscere il dolore, la sofferenza, la morte. Ci sono esseri che, seppur dotati di tutte le qualità che rendono gli uomini felici, anzi quasi semidei, sono intrisi di un male di vivere che li porterà via. Ci sono esseri che non possono invecchiare, e difatti vengono chiamati in cielo ancora giovani. Ci sono esseri la cui presenza sul mondo terreno sembra non essere mai avvenuta.
Sono esistiti esseri come Jean Seberg e Nico, per un singolare caso nate entrambe nel 1938.
Jean Seberg e la Nouvelle Vague – La prima è stata l’icona più celebre della Nouvelle Vague, la rivoluzionaria corrente cinematografica francese sorta alla fine degli Anni Cinquanta dello scorso secolo, caratterizzata da un nuovo linguaggio, fresco e dirompente, e tecniche innovative, costituita da registi poco più che ventenni (François Truffaut, Jean-Luc Godard, Jacques Rivette, Claude Chabrol e Eric Rohmer), amanti e scrittori di cinema prima ancora che cineasti, con la voglia di raccontare la propria generazione, più disinvolta rispetto a quelle precedenti, ma anche molto più inquieta. Una generazione di giovani che farà sfociare la propria insoddisfazione e le proprie richieste nel Sessantotto, non solo francese.
Una biondina sospesa tra gioia e tristezza – Americana (nata nella cittadina di Marshalltown, Iowa), la Seberg, neanche ventenne è già protagonista in film diretti da Otto Preminger, come Bonjour tristesse (1958), tratto dal best seller di Françoise Sagan. Con Fino all’ultimo respiro (1959, di Jean-Luc Godard, attore maschile protagonista Jean-Paul Belmondo) diventa immediatamente quel simbolo della Nouvelle Vague (ma, più in generale, di una nuova gioventù, sospesa tra gioia del vivere e l’oscuro male della modernità), di cui dicevamo poco sopra. Bionda, coi capelli cortissimi, leggiadra, vivace, incontenibile spiritello della seduzione e dell’eros, talvolta fatale nella propria aerea bellezza, è protagonista di decine di film, anche con registi italiani, sostenitrice del movimento nero-americano delle Pantere nere. Ma è sofferente di crisi depressive; via via diluisce i propri impegni cinematografici, fino al suicidio, avvenuto nel 1979 a Parigi, per overdose di barbiturici. Il suo corpo riposa nel cimitero di Montparnasse.
Fotomodella, da Fellini a Warhol – Christa Päffgen, in arte Nico, nasce anche lei nel 1938, ma a Colonia. Non è solo attrice, ma, ancor più, prima modella e poi cantante. Il padre muore in un campo di concentramento nazista. Dopo la guerra lei si trasferisce a Berlino, quindi a Parigi, a Londra, a New York. Inizialmente disegna una bellezza leggera e frivola (si veda, nel 1960, la sua partecipazione a La dolce vita di Federico Fellini), ma la svolta arriva con Andy Warhol e la sua “Factory”. Prende parte ad alcuni film sperimentali del guru della pop art e, soprattutto, diviene la voce forse più significativa dei The Velvet Underground (l’omonimo, primo, eccezionale album nato da tale incontro è del 1967: The Velvet Underground & Nico).
Oltre Marilyn Monroe – Jean e Christa appartengono all’epoca delle contestazioni, della messa in discussione della realtà, dell’ordine sociale, ma soprattutto dell’ordine delle cose, della necessità, del destino sadico che ci vorrebbe sempre esiliati su un pianeta del male, assillati dal quotidiano e dalla materia, piegati dalla violenza e dall’infelicità. La loro disperata, esuberante, intensa gioia di vivere, ricordano quella di un’altra, ben più nota icona degli stessi anni, Marilyn Monroe, anche lei dilaniata dal male dell’esistenza. Se volessimo trovare una differenza, potremmo dire che, rispetto alla bellezza “naturale”, esplosiva, quasi selvaggia e animalesca, della Monroe, la Seberg e Nico si caratterizzano per una grazia più fine, evanescente, sfaccettata. Ma – intendiamoci – Marilyn resta l’immagine più significativa di quegli anni.
Quella voce enigmatica… – Nico ha una voce non proprio armoniosa e tranquillizzante: bassa, roca, dai suoni teutonici. Proprio per queste caratteristiche, forse, nessun’altra come la sua può interpretare le distorte sonorità del gruppo, le atmosfere decadenti, dark, dannate. Bionda come la Seberg, ma coi capelli lunghi, molto alta e, specie col trascorrere degli anni, più “imponente”, Nico incarna progressivamente una sensualità inquietante e “maledetta”. Affetta da tossicodipendenza, muore nel 1988, durante una vacanza Ibiza, in seguito a una caduta dalla bicicletta. È sepolta nel cimitero berlinese del Friedhof Grunewald-Forst.
Della sostanza dei sogni – Nelle immagini, nei filmati che ritraggono le due donne, traspare armonia, gioia di vivere e quella leggerezza, e al contempo sfrenatezza, che costituiscono l’essenza delle donne giovani e bellissime. Simili a spiriti aerei, risplendenti di luce propria, fatte «della stessa sostanza dei sogni» attribuita da William Shakespeare ai propri personaggi ne La tempesta, donne come Jean e Nico saranno state certamente accolte in cielo dalle divinità. O, forse, erano già dee, in esilio, prima di cadere – per caso e per brevissimo tempo – sulla Terra.
Uno straordinario filmato su Nico e Jean Seberg (più Tina Amount e Laurient Terzieff) – la bellezza femminile insidiata dal male di vivere – è Les hautes solitudes (1974) di Philippe Garrel, film “d’avanguardia” al limite della visibilità e, per questo, affascinante. Se ne ritrovano su youtube vari brani, come http://www.youtube.com/watch?v=1SJ3PtjIQXk; http://www.youtube.com/watch?v=gLc5Pme0N8s&feature=related; http://www.youtube.com/watch?v=C-uUjQmRYGc&feature=related.
Le immagini: Jean Seberg in due delle locandine di Fino all’ultimo respiro.
Rino Tripodi
(LucidaMente, anno VI, n. 66, giugno 2011)
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