La Fondazione Bottari Lattes e Marsilio Editori sono i promotori del romanzo più conosciuto di Mario Lattes, intellettuale, pittore, editore, scrittore
Mario Lattes, personaggio indubitabile della Torino segreta, intellettuale onesto e sincero, preferiva denunciare al posto di soccombere. A dieci anni dalla scomparsa del noto pittore, editore e scrittore, la Fondazione Bottari Lattes e Marsilio Editori restituiscono nelle librerie il suo romanzo più conosciuto, L’incendio del Regio, pubblicato per la prima volta trentacinque anni fa da Einaudi.
Il libro sarà presentato, martedì 13 dicembre alle 18, presso la Sala gioco del Circolo dei lettori di Torino in via Bogino, 9. A raccontare gli episodi, a riflettere sui contenuti, a illustrare lo stile, a ripercorrere le vicende del romanzo saranno Caterina Bottari Lattes, presidente della Fondazione Bottari Lattes di Monforte d’Alba, già moglie dello scrittore, nonché Ernesto Ferrero, direttore editoriale del Salone Internazionale del Libro di Torino e autore della prefazione al volume. L’attrice Irene Avataneo proporrà alcune letture dalle pagine del romanzo.
L’incendio del Regio mette in scena la tragica esistenza del protagonista, di ispirazione autobiografica, che non riesce a ritrovare una serena quotidianità dopo la Seconda guerra mondiale. La narrazione parte dal ricordo dell’8 febbraio 1936 quando il Teatro Regio di Torino viene distrutto da un violentissimo incendio, per rispolverare i ricordi dell’infanzia e seguire il percorso della sua vita: la morte della madre, la sua nascita, i problemi dell’inserimento nel lavoro e dei rapporti con colleghi e conoscenti, il matrimonio, la nascita di una figlia.
Attraverso ironia e sarcasmo Lattes mette a fuoco il male, non necessariamente solo il male del mondo, anche quello che, nel proprio inconscio, il protagonista avverte come punizione per la morte della madre. Quasi tutti i personaggi del romanzo sono negativi.
«I suoi protagonisti – afferma Ernesto Ferrero nella prefazione – si raffigurano come dei borghesi inetti, al pari degli antieroi di Svevo: uomini senza qualità, incerti della propria identità, ma quasi compiaciuti di non averne una, sradicati che non sentono il bisogno di ritrovare le proprie radici».
Francesco Fravolini
(LucidaMente, 6 dicembre 2011)