Una Bologna cupa e invernale e molti aspetti negativi della nostra società al centro de “Il silenzio della Bassa” (Fratelli Frilli Editori), il nuovo giallo di Massimo Fagnoni
Celeste Maccaferri, una diciassettenne cattolica e acqua e sapone, nonché di “buona famiglia”, scompare a pochi chilometri da Bologna. Galeazzo Trebbi, ex poliziotto e ora investigatore privato (mestiere che svolge per mantenere una figlia gravemente disabile), e i poliziotti e le poliziotte della neonata Sezione persone scomparse della Polizia di Stato ingaggiano una sorta di gara a distanza per pervenire alla soluzione del caso.
Intanto Fiorella Benedetti, rampante e spregiudicata giornalista di una tv locale, cerca di usare tutti come burattini nelle proprie mani per elevare gli indici di ascolto della trasmissione da lei diretta, che specula sul dolore delle persone e sugli scandali. E ancora tanti altri personaggi. Come Alida Russo, l’amica “dark” della ragazza rapita; un parroco di bellissimo aspetto, mezzo innamorato di Celeste; i membri della famiglia Maccaferri, con tensioni e “misteri” insospettabili; Remo Albertini, un poliziotto indebitato; un immigrato tunisino indiziato; e altre centinaia di personaggi “minori”. Questa l’esplosiva miscela umana de Il silenzio della Bassa. Un’indagine di Galeazzo Trebbi (Fratelli Frilli Editori, pp. 250, € 9,90), il nuovo giallo di Massimo Fagnoni.
Ma, soprattutto, è protagonista del libro una Bologna in pieno autunno-inverno, con rare e quasi miracolose giornate di tiepido sole, cupa e sospesa tra le sue antiche peculiarità e il “nuovo che avanza”, anche dal punto di vista antropologico, architettonico e paesaggistico; tra centro e (nuove) periferie, circoli Arci e centri direzionali, remote parrocchie e tristissimi centri commerciali («pannelli fluorescenti, specchi, luce e vita. Forse è questo il futuro, luoghi artificiali colmi di gente grigia e povera alla ricerca di aria climatizzata d’estate e tiepida d’inverno»), arcaici scintillii e degrado metropolitano, false virtù esibite e corruzione celata, ricchezza mostrata e miseria in arrivo.
I personaggi, pertanto, finiscono per assumere un ruolo corale e, un po’ come ne I promessi sposi, è difficile individuare chi sia il protagonista: l’ambientazione e il contesto storico-sociale prevalgono sul resto. In ogni personaggio, comunque, si cela un mistero, un intimo dolore, una lacerazione nascosta in grado di innescare comportamenti e relazioni inaspettate: tendenzialmente solitari, tutti sono stati duramente toccati dalle vicende della vita e, a volte, si giunge alla rappresentazione di un’umanità reietta. Il silenzio della Bassa è dunque un noir dalle tinte tenebrose, quando non lugubri. Oltre che nella raffigurazione dei personaggi, spesso caratterizzati anche attraverso l’uso del dialetto bolognese, Fagnoni è bravissimo pure nella descrizione degli ambienti, sia quelli chiusi che quelli all’aperto. Il ritmo del romanzo è molto efficace; lo stile è caratterizzato dalla paratassi, con il predominio delle virgole sui punti, tanto che spesso il testo – e non solo relativamente ai dialoghi – diventa quasi un flusso joyciano.
Tutto il romanzo appare funzionale alla problematica centrale affrontata: la “società dello spettacolo”. Ed è proprio tale tematica il maggior pregio del libro e un atto di coraggio da parte dello scrittore. Una denuncia spietata della tv spazzatura e del dolore esibito senza pudore, del carrierismo e rampantismo a tutti i costi, dell’invadenza mediatica nelle nostre vite, della corsa ai soldi senza alcun limite morale. La soluzione del caso di Celeste sta lì. Ed è inaspettata, doppia, con la casualità irrazionale che alla fine, come ne La promessa di Friedrich Dürrenmatt, vince su tutto. Lasciamo al lettore il compito di scoprirla leggendo Il silenzio della Bassa.
Le immagini: la copertina del libro e lo stesso Massimo Fagnoni.
Rino Tripodi
(LucidaMente, anno IX, n. 103, giugno 2014)
Grazie mille, Rino, bellissima recensione.