Sembrerebbe quasi di narrare una favola, quando si racconta la storia vera della Rosa bianca (Die Weiβe Rose). Il sogno di un gruppo di eroi tedeschi, che affrontarono l’organizzazione più feroce e disumana, la Gestapo di Hitler, solo con la forza delle loro idee, della loro profonda fede cristiana, del più convinto pacifismo e della loro esuberanza. Ma, se fosse stata una favola, essi non sarebbero stati degli eroi morti, assassinati per ordine di un tiranno pazzo, il quale, per il suo irrefrenabile istinto di morte, riuscì a trascinare tutto un popolo, e il mondo intero, nella sua follia fatta di genocidi, guerre e distruzioni. La bella storia della Rosa bianca, e dei suoi giovani eroi, nella Germania neonazista si mutò invece in un’orribile tragedia.L’antefatto – A partire dal 1929, la grande crisi economica stava affamando la Germania (come gran parte del resto del mondo) e le forze politiche tedesche, fortemente divise, non sembravano in grado d’intervenire efficacemente. Nel 1932, l’appoggio degli agrari prussiani, nonché dei magnati dell’industria e della finanza, favorì l’ascesa politica di Hitler, sostenendolo fino alla carica di cancelliere. Da questo momento avrà inizio la dittatura più feroce, sanguinaria e immorale del Novecento. Il Führer, avvalendosi di organizzazioni di assassini come la Gestapo e le SS, metterà in atto nella stessa Germania l’omicidio di migliaia di ebrei, di oppositori politici, ma anche di inermi cittadini che avevano la sola colpa di non corrispondere ai canoni dell’“ariano”, così come la sua mente malata l’aveva concepito. Questo fu Adolf Hitler, il più vile traditore del suo stesso popolo. D’altronde, egli aveva già espresso in passato tutto il suo odio per l’umanità e nel suo libro Mein Kampf (La mia battaglia) aveva descritto chiaramente la sua spaventosa dottrina, che si fondava sulla superiorità della razza tedesca – che avrebbe dovuto dominare il mondo –, l’odio contro l’ebraismo, la lotta contro i valori della tradizione democratica, l’esaltazione della volontà di potenza, il disprezzo per la religione cristiana e per la persona umana.
I protagonisti – Hans Scholl, studente di medicina presso l’Università di Monaco, pur essendo insofferente al regime nazista, nell’estate del 1940 partecipò all’invasione della Francia nel corpo medico della milizia tedesca. A missione ultimata fece ritorno a Monaco, dove, nel 1942, fu tra i fondatori della Rosa bianca. Alexander Schmorell, pur essendo avverso al nazismo, partecipò all’annessione dell’Austria e all’occupazione della Cecoslovacchia. Iscrittosi in medicina all’Università di Monaco, partecipò alla costituzione dell’organizzazione antinazista. George Wittenstein, giovane studente di medicina, si arruolò nell’esercito, dove ebbe modo di conoscere Schmorel e Scholl, con i quali creò la Rosa bianca. Unico superstite, ne mantiene ancora oggi vivo il ricordo. Sophie Scholl, sorella di Hans, nel maggio del 1942 si iscrisse all’università monacese e, venuta a conoscenza dell’esistenza del gruppo fondato dal fratello, ne divenne un membro particolarmente attivo. Christoph Probst, giovane padre di tre figli, prese parte da subito all’organizzazione che si opponeva alla dittatura nazista, occupandosi in particolare della propaganda. Willi Gaf, studente di medicina all’Università di Bonn, fu mandato nel corpo medico della milizia durante l’occupazione della Francia. Qui conobbe Schmorell, Scholl e Wittenstein e, in seguito, aderì al movimento fondato dai suoi tre amici. Kurt Huber, professore di filosofia dell’Università di Monaco, alla fine del 1942 fu informato dai suoi allievi sulle atrocità commesse dal nazismo in Polonia e in Russia e decise di entrare nella Rosa bianca.
L’organizzazione clandestina – Die Weiβe Rose fu attiva dal giugno del 1942 al febbraio del 1943. L’organizzazione si proponeva di creare un’opposizione al regime della Germania nazista in modo pacifico, risvegliando le menti dei tedeschi plagiate per anni dalla falsa propaganda e soprattutto terrorizzate dal controllo minuzioso che la Gestapo esercitava su ogni cittadino. La rete d’informatori e di delatori si espandeva come una tela di ragno su tutta la Germania. Grazie a questo sistema, nessuna persona si doveva sentire al sicuro; una semplice denuncia, anche se non supportata da alcuna prova, era sufficiente a far sparire per sempre il malcapitato. I componenti della Rosa bianca, tuttavia, decisero di far conoscere le atrocità e smascherare le menzogne di Hitler e dei suoi fedeli servi sia in Germania che nei paesi occupati, indicando, infine, la guerra come il male assoluto. Tra il 1942 e il 1943, l’organizzazione riuscì a distribuire sei volantini (fu anche stilato un settimo volantino, mai diffuso), i cui testi sono reperibili sul sito web www.olokaustos.org). Ne riproponiamo di seguito una breve sintesi.
I primi quattro volantini – I primi quattro volantini sono stilati e distribuiti fra giugno e luglio del 1942. Nel Primo volantino si legge: «Non c’è nulla di più indegno per un popolo civile che lasciarsi “governare” senza alcuna opposizione, da una cricca di irresponsabili dominati dai propri istinti. […] se i tedeschi, così privi di ogni individualità, sono ormai diventati una massa tanto insulsa e vile, allora davvero meritano la rovina. […] Non dimenticate che ogni popolo merita il regime che sopporta!». Nel Secondo volantino troviamo riportata, innanzi tutto, una frase che Hitler ha scritto in Mein Kampf: «È incredibile come si debba ingannare un popolo per poterlo governare». Il volantino continua, poi, con le descrizioni delle atrocità commesse in Polonia dai nazisti contro gli ebrei e la popolazione locale, attraverso le deportazioni di massa nei campi di sterminio e ogni sorta di brutale annullamento del diritto alla vita. Il ciclostilato termina riportando alcune frasi di Lao-Tze, tra cui la seguente: «Felice quel popolo il cui governo non si fa sentire». Nel Terzo volantino, i membri della Rosa bianca incitano la popolazione alla resistenza passiva e chiudono con un brano preso dalla Politica di Aristotele, nel quale è spiegata l’insensatezza della tirannia. Nel Quarto volantino, innanzi tutto, si dice: «Chi ha contato i morti, Hitler o Goebbels? […] Ogni parola che proviene dalla bocca di Hitler è una menzogna. Quando dice pace, pensa alla guerra». Segue, poi, un significativo passo tratto dalla Bibbia: «Mi voltai e vidi tutta l’ingiustizia che era stata commessa sotto il sole […]. Allora lodai i defunti che erano già morti, più dei vivi che ancora possedevano la vita» (Qoelet, 4, 1-2). Il testo afferma, ancora, l’assoluta libertà di scelta della Rosa bianca nell’opporsi alla dittatura di Hitler, sostenendo che i suoi aderenti non hanno subito, quindi, l’influenza di stati stranieri. E si conclude con un’esplicita dichiarazione: «Noi non rimarremo in silenzio, siamo la vostra cattiva coscienza; la Rosa bianca non vi lascerà in pace».
Gli ultimi due volantini – Gli ultimi due volantini vengono redatti e distribuiti nel febbraio del 1943. Il Quinto volantino lancia un appello al popolo: «Tedeschi![…] Strappate il velo di indifferenza nel quale avete avvolto il vostro cuore. Decidetevi prima che sia troppo tardi!». Si spiegano, quindi, le tragiche conseguenze a cui è destinata la popolazione tedesca quando inevitabilmente subirà una sconfitta disonorevole, se resterà a fianco «dei suoi seduttori» fino all’ultimo. Il volantino si chiude così: «Ogni popolo, ogni individuo ha diritto ai beni del mondo! Libertà di parola, libertà di religione, difesa del singolo cittadino dall’arbitrio della violenza di Stati criminali: questi sono i fondamenti della nuova Europa». Il Sesto volantino ammonisce che «il giorno della resa dei conti è venuto» e sottolinea che: «Siamo cresciuti in uno Stato di indiscriminata soppressione di ogni libera espressione di pensiero, negli anni di formazione più promettenti della nostra vita, la HJ, le SA, le SS hanno tentato di uniformarci, di stravolgerci, di narcotizzarci». In riferimento, poi, a un episodio di molestie perpetrate ai danni di un gruppo di universitarie, si rammenta che «le studentesse tedesche degli istituti universitari di Monaco hanno dato una degna risposta all’insulto del loro onore» e si auspica «la distruzione del terrore nazionalsocialista con la forza dello spirito».
L’accusa e la condanna – Sophie Scholl, sapendo di essere ormai braccata dalla polizia nazista, lanciò le ultime copie del Sesto volantino dalla gradinata dell’università, il 18 febbraio del 1943. Lo stesso giorno lei e suo fratello furono arrestati e interrogati: sotto tortura si assunsero tutta la responsabilità degli scritti e della loro diffusione, sperando di proteggere gli altri componenti del gruppo. Il tentativo fu vano: gli altri ragazzi e il professore Huber furono anche loro presi, torturati e processati. L’aguzzino della Gestapo che interrogò Sophie le chiese: «Signorina Scholl, non si rammarica, non trova spaventoso e non si sente colpevole di aver diffuso questi scritti e aiutato la Resistenza, mentre i nostri soldati combattevano a Stalingrado? Non prova dispiacere per questo?». Sophie rispose: «No, al contrario! Credo di aver fatto la miglior cosa per il mio popolo e per tutti gli uomini. Non mi pento di nulla e mi assumo la pena!». Il mondo intero oggi sa che aveva ragione. I fratelli Scholl e Probst furono processati il 22 febbraio 1943 dal Volksgerichtshof (Tribunale del popolo), presieduto dal giudice nazista Roland Freisler, che formulò la seguente sentenza: «Gli accusati hanno, in tempo di guerra e per mezzo di volantini, incitato al sabotaggio dello sforzo bellico e degli armamenti, e al rovesciamento dello stile di vita nazionalsocialista del nostro popolo, hanno propagandato idee disfattiste e hanno diffamato il Führer in modo assai volgare, prestando così aiuto al nemico del Reich e indebolendo la sicurezza armata della nazione. Per questi motivi essi devono essere puniti con la morte». I tre ragazzi furono barbaramente ghigliottinati lo stesso giorno. Gli altri componenti della Rosa bianca, fatta eccezione per Wittenstein, furono processati il 19 aprile e uccisi nei mesi seguenti. Bisogna ricordare, inoltre, che circa novanta persone entrarono in contatto con questo movimento di resistenza pacifica, tra cui Hans Leipelt, che, arrestato per aver ricopiato a macchina e diffuso il sesto volantino, venne decapitato nel 1945.
Riflessioni finali – Un monumento all’interno dell’Università Ludwig-Maximilian di Monaco ricorda il sacrificio del gruppo della Rosa bianca, mentre la piazza antistante all’ateneo oggi si chiama Geschwister-Scholl-Platz (Piazza dei fratelli Scholl). E nel 2005 è stato prodotto il film La Rosa bianca – Sophie Scholl (nome originale: Sophie Scholl – Die letzten Tage), diretto da Marc Rothemund, che racconta gli ultimi giorni di vita della studentessa tedesca. Questa storia ci fa pensare ad Alice nel paese delle meraviglie di Lewis Carroll: anche lì c’era una Regina pazza, la quale, allorché Alice disse qualcosa di sensato e sagace osando contraddire le sue folli decisioni, gridò infuriata: «Tagliatele la testa!». Ma, come ogni favola che si rispetti, ad Alice nessuno tagliò la testa: la folle Regina era solo una carta da gioco in un sogno. Per Sophie e i suoi amici, invece, ci fu un altro finale: il folle Dittatore era quanto mai reale. Quasi tutti i membri della Rosa bianca, a disprezzo del loro coraggio e del grande insegnamento di civiltà, furono ghigliottinati. La differenza tra favola e realtà è abissale, come spesso accade. Ma, se Alice “visse” il suo sogno, con tenacia, fino alla fine, con altrettanta fermezza Sophie e i suoi compagni sfidarono fino in fondo la follia del nazismo.
L’immagine: il monumento in onore della Rosa bianca presso l’Università Ludwig-Maximilien di Monaco.
Mariella Arcudi
(LucidaMente, anno IV, n. 38, febbraio 2009)